Andreotti, Fanfani, Rumor e almeno una dozzina di altri potenti democristiani, dovrebbero essere trascinati sul banco degli imputati. E quivi accusati di una quantità sterminata di reati: indegnità, disprezzo per i cittadini, manipolazione del denaro pubblico, intrallazzo con i petrolieri, con gli industriali, con i banchieri, collaborazione con la Cia, (…) responsabilità nelle stragi di Milano, Brescia e Bologna, (almeno in quanto colpevole incapacità di colpirne gli esecutori), distruzione paesaggistica e urbanistica dell’Italia, responsabilità della degradazione antropologica degli italiani, responsabilità dell’esplosione “selvaggia” della cultura di massa e dei mass-media, corresponsabilità della stupidità delittuosa della televisione. Senza un simile processo penale, è inutile sperare che ci sia qualcosa da fare per il nostro paese.
Pier Paolo Pasolini, Processo alla DC 1975


12 dicembre 1969, una bomba esplode all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura di Milano causando 17 morti e 88 feriti. Meno di un’ora più tardi, altri tre ordigni esplodono a Roma, aumentando il bilancio dei feriti. La Strage di Piazza Fontana segna uno spartiacque indelebile nella storia della vicina Penisola e non solo. Molti storici concordano nel definire le ore 16 e 37 di quel 12 dicembre come l’inizio della “strategia della tensione”: lo stragismo fascista miete vittime fra la popolazione civile. I “mostri” a cui se ne attribuiscono le responsabilità, comunisti e anarchici, vengono sbattuti in prima pagina, alimentando l’insicurezza sociale di un Paese spaccato in due dalla guerra fredda.


Uno stragismo che, fatta eccezione di alcuni esecutori materiali, a 50 anni dai fatti, non ha ancora trovato i mandanti.


Secondo la giudice Fiorenza Giorgi: «Dal 1969 al 1975 si contano 4.584 attentati, l’83 per cento dei quali di chiara impronta della destra eversiva (cui si addebitano ben 113 morti, di cui 50 vittime delle stragi e 351 feriti), la protezione dei servizi segreti verso i movimenti eversivi appare sempre più plateale».


Gli anni di piombo non cominciano quindi con le sparute azioni di gruppuscoli della sinistra radicale. Il primo piombo a mietere vittime è in realtà del tritolo che agirà, secondo i collettivi antagonisti dell’epoca, con «mano fascista e regia democristiana».


Ed è a quella regia che guardava Pasolini, pochi mesi prima del suo brutale omicidio. Una regia in senso lato, intesa come esercizio cosciente del potere. Un potere metaforicamente barricato in un Palazzo, la cui distanza fra sé e il popolo non era mai stata così grande. Secondo Pasolini: «Nel Palazzo si reagisce a stimoli ai quali non corrispondono più cause reali nel Paese».


A mezzo secolo di distanza si continua a reagire agli stimoli sbagliati, ignorando le cause prime che sempre si annidano in Palazzi di potere distanti dal resto della popolazione. I “mostri” non sono più dei bombaroli alienati, ma dei sedicenti violenti nelle piazze oppure dei disperati sui barconi.


A mezzo secolo di distanza la strategia della tensione ha cambiato volto, ma non ha per nulla modificato la sua sostanza. Essa continua a parlare alla pancia dei vari Paesi, sfruttando senza remora alcuna i più bassi istinti fascisteggianti che vi si annidano.


Interessi privati, scempi ambientali, imbruttimento culturale… Forse non avremo più le bombe, ma fino a quando il Palazzo reagirà agli stimoli sbagliati, la speranza in un futuro pacificato sembra essere tanto lontana quanto quel 12 dicembre del ’69.

Pubblicato il 

04.12.19
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