«Mi aspettavo un Congresso affollato, ma mai più avrei immaginato che ci sarebbero state 600 persone. La fila di compagni in attesa di registrarsi sulla scalinata che conduceva alla sala era impressionante». Manuele Bertoli, presidente del Partito socialista (Ps), all'indomani del Congresso che ha sciolto gli ultimi dubbi in vista delle elezioni cantonali si dice soddisfatto. «Il Congresso credo che sia stato un'ulteriore iniezione di ottimismo. Per tutti». In effetti quello di sabato è stato un buon momento identitario, ma, osserva Bertoli, non solo quello: «è stato anche un'espressione d'orgoglio, l'orgoglio di chi per 12 anni è stato preso a pesci in faccia e oggi può dire di avere avuto sostanzialmente ragione. È stato il Congresso di un partito che crede negli obiettivi che si è prefissato e punta a realizzarli».

Eppure alla vigilia qualche apprensione c'era. Fra le altre cose il Congresso avrebbe infatti dovuto decidere se Franco Lurà, diversamente da quanto proponeva la Direzione del Ps, dovesse figurare sulla lista per il Consiglio di Stato. E ci si ricorda di Congressi simili in passato nei quali il clima era assai pesante. Stavolta invece, annota Bertoli, «l'atmosfera era più che positiva malgrado ci fosse una questione delicata da risolvere. Credo che poterla risolvere in un clima del genere sia stata una prova di maturità, democrazia e rispetto reciproco». L'applauso alla proclamazione dei risultati è stato quasi liberatorio: «A festeggiare sono stati soprattutto i sostenitori di Lurà, ma tutti hanno avvertito che abbiamo fatto un passo avanti verso l'inizio della campagna elettorale», osserva Bertoli. Che aggiunge: «il fatto che la decisione sulla lista sia rimasta lì così a lungo ha permesso di affrontarla in maniera più serena».
Alla fine, e con un risultato molto brillante, l'ha spuntata Franco Lurà, che con 318 voti ha estromesso dalla lista per il Governo Carlo Lepori (184). Meglio di Lurà ha fatto solo l'uscente Patrizia Pesenti (335). Per Bertoli il risultato di Lurà è almeno in parte migliore di quel che ci si poteva aspettare. Anche se, rileva, «è chiaro che chi sosteneva la candidatura di Lurà si è mobilitato di più. I dati congressuali vanno presi sul serio, ma saranno gli elettori il primo aprile a dare la lettura più vera delle preferenze di cui può godere ognuno». Bertoli è spiaciuto per Carlo Lepori, che sarebbe stato a suo avviso un ottimo candidato: «spero di rivederlo in Gran Consiglio».
Il giudizio dei commentatori politici all'indomani del Congresso socialista è stato però assai severo. Tutti parlano di una lezione impartita dalla base ai vertici del partito: per la Regione la direzione del Ps uscirebbe dal Congresso con le ossa rotte, mentre il Corriere del Ticino critica i metodi da centralismo democratico con cui i vertici avrebbero preparato la lista, poi corretta dal Congresso. Bertoli non è sorpreso dalle critiche: «Al Ps non ha mai fatto sconti nessuno». Qualunque fosse stato l'esito del Congresso sarebbero piovute le accuse: «adesso parlano di Direzione sconfessata, ma se Lurà non ce l'avesse fatta si sarebbe parlato di partito "bulgaro". Eppure abbiamo dimostrato di essere i più aperti e democratici di tutti. Se facciamo il confronto fra il nostro Congresso di sabato e quello liberale di giugno dove di fronte al fiscogate nessuno ha osato parlare dello scandalo alle contribuzioni, ebbene: credo che la Bulgaria sia da cercare piuttosto dalle parti di Merlini. Le istituzioni "bulgare" temono le sconfessioni, quelle che non lo sono invece si prendono la responsabilità delle loro scelte e affrontano democraticamente i pareri diversi». A posteriori tuttavia Bertoli riconosce che forse la direzione un errore nella fase di preparazione della lista per il governo l'ha fatto: quello di non aver istituito una commissione cerca. «Secondo me e secondo la Direzione è una foglia di fico, ma è possibile che il partito ne avesse bisogno, anche se poi si pone il problema di chi la nomina».
Ora il Ps deve lanciare con forza la sua campagna elettorale, dimostrando di essere una squadra compatta: «lo siamo», osserva Bertoli. Si comincia questa mattina, venerdì, con la diretta radiofonica su Rete Uno. Per unanime decisione dei cinque candidati ci saranno le tre donne in lista per il Consiglio di Stato: «il Congresso ha confermato questa scelta della direzione, è un fatto unico che va valorizzato». Domenica sera poi i cinque candidati saranno in diretta televisiva sulla Tsi. Con quali punti di forza? «Sarà l'insieme delle risposte che darà il tono della musica. Credo che sapremo dimostrare quello che è stato il leitmotiv del Congresso, cioè che il partito si presenta con le idee chiare, con una coesione evidente, con una percezione della realtà che coincide con tutti i problemi che sono venuti alla luce negli ultimi tempi sia per la politica masoniana che per la gestione del potere». Non c'è quindi cambiamento di strategia o di sfumature per il fatto che ora Lurà ha preso il posto di Lepori. «La lista per il governo può presentare Pesenti e quattro profili per un secondo posto», osserva Bertoli, che conclude: «la Direzione aveva fatto una scelta, il Congresso l'ha in parte cambiata, ma la forza è e continua ad essere il gruppo».

Il gioco si fa serio

Franco Lurà, il risultato matematico di sabato dimostra che a volerla non sono soltanto i suoi "momo" bensì la maggioranza della base. Siccome lei è considerato un candidato "popolare", dobbiamo intendere che la base del Ps è anch'essa "popolare"?
La base del Ps è ovviamente sempre stata popolare: basta ripercorrerne la storia. Ciò che è cambiato nel tempo è semmai la sua composizione sociale: non più solo prevalentemente operai e impiegati pubblici, ma una fascia di elettori che attraversa oggi l'intera società. Di conseguenza anche il risultato di sabato riflette questa trasversalità. Il fatto poi di avere una certa notorietà mi ha sì aiutato ma solo in parte, non è sicuramente una spiegazione sufficiente.
Votare Lurà al congresso è forse anche da interpretare come un'espressione di malcontento?
Credo che le ragioni di questa votazione siano molte, e nemmeno tutte identificabili. Da un lato, vi è sì la componente "malcontento", una sorta di giudizio su come è stata gestita la composizione della lista, forse ritenuta non rappresentativa delle aspirazioni di tutti noi socialisti. Ma un giudizio severo, da questo punto di vista, non va a toccare l'operato generale della direzione. In effetti, se siamo arrivati a questo punto, a voler e poter aspirare a un secondo seggio, è soprattutto perché esiste un apprezzamento generale per il lavoro fatto sino ad oggi. Ciò è innegabile.
Sul voto avrà poi anche influito una certa emotività del momento che ha lasciato prevalere una solidarietà nei confronti di colui che era stato "escluso". Così come qualcuno avrà apprezzato il mio percorso non istituzionale, diverso da quello del "politico navigato".
Fino ad oggi abbiamo "scherzato". Da oggi in poi il lavoro si fa serio. Domani e domenica vi è anche la prima uscita pubblica dei "magnifici cinque". È più teso o preoccupato?
A dire la verità non l'ho mai vissuta come uno scherzo… È chiaro che ora vi è una responsabilità maggiore. Sarà non solo un impegno mentale ma anche fisico, fatto di date, appuntamenti e di preparazione. È nell'interesse di tutti presentarsi nella miglior forma possibile. Oggi e domenica ci aspettano i primi due appuntamenti che potranno dare effettivamente visibilità a questa lista; e ci presenteremo con ben tre donne, una proposta forte, bella e innovativa, che il Ps ha saputo fare.
La tribuna mediatica potrà inoltre essere una buona occasione per dimostrare che abbiamo operato una scelta che può essere rappresentativa di un'area e non solo di un partito. E spero che si riesca a trasmetterla.
Da qui in avanti, ai problemi dei nomi, delle liste si sostituiscono i programmi, i temi. Lei come intende contribuire al gioco di squadra?
In effetti dovremo veramente realizzare un gioco di squadra, per aiutarci vicendevolmente anche per evitare di arrivare prostrati ad aprile. La concertazione tra noi cinque sarà dunque importante. Ognuno di noi ha dei temi che meglio padroneggia – io mi muovo con maggior agio, ad esempio, nel mondo culturale ed ho una visione marcatamente umanistica dei problemi – ; ciò non vuol dire però disinteressarsi di ciò che ci è "meno vicino". Ritengo infatti che proporsi come candidato alla carica di Consigliere di Stato implichi una minima padronanza dei molteplici campi in cui l'Ente pubblico è chiamato a operare.
Per concludere. Al Congresso eravate in tanti: il raddoppio è dunque più possibile?
Sono rimasto entusiasta dell'atmosfera di sabato. Molto prima dell'inizio dei discorsi guardavo la sala e mi dicevo che un risultato così è indubbiamente un gran successo. Sia per l'entusiasmo che la gente lasciava trasparire, sia per la voglia di ognuno di partecipare, di dire la sua. E questo mi ha ridato quell'ottimismo che si era un po' incrinato dopo la decisione dei Verdi di correre da soli. Ora sento di nuovo che ce la possiamo fare.

di Fabia Bottani

Carlo Lepori è rimasto "fuori". Il Congresso ha deciso, ha scelto di rinnovare. Eppure anche lei era un "volto nuovo"…
Nel mio intervento al Congresso ho sottolineato il fatto che io stesso non ero una figura così inserita nella logica della squadra della direzione politica e di partito. Sono militante di base, con un po' di esperienza ma niente di più. È chiaro che Franco Lurà era ancora più "fuori" di me, avendo ancora meno esperienza istituzionale. Il consiglio comunale è un'esperienza che moltissimi compagni condividono e tutti sanno che non dà sufficientemente l'idea di quello che possa significare "lo scontro politico". Ma penso che abbia anche influito il modo in cui è stato gestito l'accordo con i Verdi. Il ruolo che mi era stato affidato era molto appassionante: creare un progetto comune, in cui ognuno avrebbe apportato le proprie competenze, garantendo così anche una forza comune in Gran consiglio.
Ma il progetto è crollato…
E con il sostegno preannunciato a Franco Lurà era chiaro che ad uscire dovevamo essere o io o Pelin Kandemir. E francamente non mi interessava l'idea di creare una strategia per farle lo sgambetto pur di restare in corsa. Nella scelta definitiva, il Congresso, seppur con pochi punti di scarto, ha privilegiato una persona che conosceva di più e che ha avuto un buon appoggio da parte del coordinamento delle donne della sinistra. Lo si è visto negli interventi di sabato in favore dell'aspetto femminile: il che è anche giusto. Del resto sarebbe anche stato poco elegante per un partito come il Ps escludere una rappresentante degli stranieri: i nostri avversari avrebbero potuto sfruttare la situazione….
Si sarebbe però anche potuto rimaner coerenti con il progetto ambientale…
In effetti ma a conti fatti capisco che per molti era forse un argomento debole.
C'è chi sostiene che la scelta del Congresso sia stata guidata da una voglia di nuovo e di ripicca nei confronti della direzione. Condivide?
Vi sono vari aspetti: il primo è che Lurà e alcuni suoi sostenitori hanno lavorato molto bene convincendo molti compagni a giocare questa carta della persona conosciuta in grado di aiutare una lista. Un altro aspetto, più preoccupante, è che molte sezioni avevano espresso una certa irritazione per la scelta e le modalità della scelta della direzione. Sabato è così anche emersa una certa delusione per non esser stati capiti dalla direzione, ed è dunque emersa una, a mio avviso, una preoccupante voglia di ribellione.
Un voto emotivo, dunque …
Pensavo che il partito socialista potesse essere superiore a queste cose. Se alla base non piace la direzione lo dica e la cambi. La direzione invece fa il suo lavoro e non mi sembra una buona idea quella di punirla con questi segnali portando a fare il secondo posto un compagno che, pur con tutti i meriti, ha rischiato di fare il primo davanti a Pesenti che da anni si batte in prima linea, affrontando i problemi, lottando contro Marina Masoni…
Non prova disappunto personale?
Certo. E riflettendo bene mi rendo conto che questo disappunto è già nato prima, con la scelta dei Verdi di fare la propria lista malgrado le simpatie espresse nei miei confronti. Se i Verdi avessero rinunciato alla loro lista, al Congresso avrei chiesto di essere coerente e mantenere la mia candidatura in modo più deciso. E, in questo caso, se non mi avesse sostenuto, la mia delusione sarebbe stata maggiore.
Nessun rimprovero alla direzione?
Era forse utile un minimo di analisi delle tendenze delle preferenze all'interno delle varie sezioni. Sentendo che molte di queste erano schierate a favore di Lurà, continuare ad escluderlo significa cercare lo scontro con la base al Congresso. La comunicazione con i Verdi non è stata gestita bene, ma anche loro hanno le loro colpe; noi potevamo gestire meglio il rapporto con il Mendrisiotto.

Attesa messianica

Pietro Martinelli, visto il voto di sabato, viene da pensare che la direzione non conosca o non senta la voce del suo partito…
Probabilmente la direzione non si è accorta in tempo dei cambiamenti in atto all'interno della base del partito, della voglia di nuovo, oggi molto diffusa non solo tra i socialisti e non solo in Svizzera. A volte mi sembra quasi che la perdita delle vecchie certezze abbia generato una attesa messianica in un salvatore che, evidentemente, deve essere qualcuno di nuovo e di diverso.
Ma il voto emerso al Congresso è un'espressione di malcontento o più semplicemente una convinzione nei confronti di un candidato?
C'era sicuramente profonda convinzione in chi ha proposto Lurà, in particolare nei suoi amici del Mendrisiotto. Si tratta di persone che hanno detto di conoscerlo bene anche per la sua attività politica a livello comunale. Che hanno spartito con lui il pane, "cum panem", i compagni come ha detto lui. Poi forse si è prodotto un effetto "vagone trainante" che ha coinvolto eventuali incerti. Lo stesso intervento di Lurà, ben costruito, articolato, retorico quel tanto che basta, è stato sicuramente in grado di colpire l'auditorio. E se qualcuno poteva poi ancora avere dei dubbi, gli interventi pro Lurà, – penso a quelli di Renato Simoni o di Giancarlo Nava... – più appassionati rispetto a quelli più freddi in difesa della proposta della direzione, hanno fatto la differenza. Se c'era qualche cosa da conquistare sul campo, i sostenitori di Lurà lo hanno fatto.
Ma la direzione, deve interpretare negativamente tutti questi fatti?
Credo di no. La direzione ha lavorato bene. La sua lista era molto equilibrata con riferimento sia alle diverse competenze dei candidati, sia alle diverse sensibilità presenti nel campo socialista. Ma è sicuramente stato sottovalutato questo diffusissimo desiderio di novità, in (buona) parte irrazionale, che determina sfiducia negli apparati di ogni genere e che, per i socialisti ticinesi, si era già manifestato otto anni fa con la sorprendente elezione di Patrizia Pesenti in Consiglio di Stato.
Abbiamo prima accennato alla base. Quanto è cambiata la base del Partito socialista, anche rispetto al suo periodo?
Vi è certamente una grande diversità. La stessa che si ritrova nei discorsi politici. Ricordo che nei congressi (ma allora si trattava del Psa) noi discutevamo di più dei problemi del paese… e del mondo. Commettendo errori, ma raccogliendo esperienza. Sabato non lo si è fatto e credo che lo si faccia raramente anche all'interno del partito pur avendo il partito prodotto un interessante piano delle politiche. Peccato che se ne parli poco… Credo invece che bisogna affrontare il problema delle riforme, anche quelle poco popolari. Chiedersi cosa vuol dire oggi "età di pensionamento" quando la durata di pensionamento è aumentata in media di 15 anni rispetto al passato; chiedersi cosa vuol dire invitare la gente a lavorare più a lungo quando poi molti 50enni vengono espulsi dal mondo del lavoro; chiedersi perché i premi delle casse malati aumentano in modo vertiginoso (la cassa malati unica, anche se opportuna, non risolverà il problema), chiedersi come si aumenta la produttività, come si introduce la meritocrazia nel pubblico oltre che nel privato, come si favorisce la concorrenza e l'imprenditorialità, chiedersi perché il Ticino è più chiuso degli altri rispetto all'Europa. Non farlo significa essere populisti per difetto con il rischio di perdere di vista l'etica della responsabilità. Quella che privilegia i risultati alle affermazioni di principio.
Quindi questa scelta non le piace?
Diciamo che non appartiene alla mia cultura politica. Anche se è vero che poi si può venir smentiti dalla storia.
Prova la stessa sensazione che provò all'ingresso di Pesenti in Governo?
Non è un segreto per nessuno che io avrei preferito Noseda. Ma oggi riconosco a Pesenti di aver fatto una politica molto ferma nella difesa della socialità in un periodo caratterizzato da un ondata neoliberista guidata da Marina Masoni e sostenuta, ricordiamolo, dalla maggioranza del Governo e del Parlamento. Quella battaglia che doveva esser fatta, è stata combattuta e anche bene, sia da parte di Patrizia Pesenti che della direzione del partito. Ora si tratta di vedere come sapremo comportarci quando si dovrà essere propositivi, quando si dovrà dare un'altra risposta ai problemi del paese, che ci sono e che sono gravi, diversa da quella neoliberista. Che riteniamo distruttiva per il tessuto sociale del paese e per l'ambiente, quindi anche per la nostra capacità di essere concorrenziali.

"I Verdi sono troppo a destra"

Giancluca Bianchi, il suo partito ha dichiarato di sostenere ufficialmente il Ps. Questa lista vi va dunque bene?
Sosteniamo la lista per il Governo e l'avremmo sostenuta anche se fosse stata un'altra. Io non so dire se questa sia migliore o peggiore di un'altra. E non so nemmeno dire se vada bene a tutti. Penso comunque che il Ps è un partito che ha dei programmi, un comitato, una direzione: dunque ho prima di tutto fiducia nel partito prima ancora che in queste persone. Se queste non dovessero fare il loro dovere sono sicura che il Ps sarebbe il primo a reclamare.
Tra Ps e Verdi l'armonia si è un po' guastata dopo la decisione di presentare ognuno la propria lista per il CdS. I Verdi e il Pdl in che rapporti sono?
I Verdi si stanno allontanando da quella che è la linea del Pdl. Ci sono di certo dei temi ecologisti sui quali si potrà continuare una collaborazione. La linea politica dei Verdi va invece alla destra del Partito socialista, d'altra parte loro puntano a destra, e lo hanno detto apertamente. Le possibilità di collaborazione rischiano dunque di diminuire, tanto più se parlano di uscire dall'area marxista. Un comunista oggi non vota Verde.

Pubblicato il 

26.01.07

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