Nella città vecchia pernotto in un "albergo cristiano" gestito dall'Esercito della salvezza, dove forse dormì anche Dino Campana: certo, è una bestemmia accostare le parole "esercito" e "salvezza", ma il grande poeta mi consola.
La mattina dopo, una coppia siede dietro di me, per la colazione. Accanto a loro, uno che assomiglia tutto a Schettino sta telefonando ad alta voce, turbando violentemente il silenzio sonnolento del mattino. Non vuole saperne di smettere, il prode: sta concludendo un affare o forse prende un appuntamento. Allora la coppia vicina interviene. "Non posso telefonare?" grida quello. E fa un gesto volgare con il braccio teso, come a dire "Vattene", oppure "Vaffan…"
Mi giro per disapprovare. Poi, zucchero il mio caffè con il contenuto di una bustina sulla quale leggo un versetto della Bibbia, qualcosa su Dio. Schettino sposta rumorosamente la sedia e se ne va indignato, lanciando un sorriso all'inserviente dai seni prorompenti.

Davanti al Collège Calvin un giovane magrissimo si china a raccogliere qualcosa che luccica. Un anello vistoso: sembra finto, tanto luccica nella fanghiglia. Messo lì da una fata, da una fattucchiera, da mago Merlino, chissà. L'emaciato si rigira il cerchietto giallo tra le dita. "Ha avuto fortuna", gli dico. "Oro vero, diciotto carati", precisa. Sto al gioco e lui, esile come un acrobata del periodo blu di Picasso, velocissimo mi mette in mano il cerchietto. "Sono ex Jugoslavia" dice; ma ha tutta l'aria e la pronuncia del magrebino. "Ha avuto fortuna", ribadisco. "Non posso tenerlo. Sono evangelico. Gli evangelici non possono portare gioielli". Lo guardo: è un buon attore di strada. Fa finta di andarsene, poi d'improvviso: "Mi dà qualcosa per mangiare?". Vedo luce disperata nei suoi occhi. Gli do i soldi e mi tengo il pezzo di latta: speriamo che porti fortuna.

Per chi mai suonerà la tromba quest'angelo, nella prima sala del Musée d'art et d'histoire? E chi incanterà lo sfondo di vero oro della Madonna trecentesca? Stringo in tasca l'anello fasullo di poco fa. Sono solo, in questa sala dall'alto soffitto. No, c'è la custode che mi tiene d'occhio, perché guardo le opere un po' troppo da vicino, non si sa mai…
Entra una ragazza con il cappellino, sfila con le mani in tasca davanti agli Antichi Maestri. Non vede niente: non Sant'Antonio tentato da seni bianchi come quelli della cameriera dell'albergo di stamattina, non il grande serpente con il viso di Eva avvolto intorno al fico del bene e del male, non i pattinatori di Avercamp, non la ninfa di Corot, che Paul Klee all'inizio del secolo definì ciò che c'è di più bello nella pittura moderna, non il paesaggio di Cézanne né i fiori di Monet: la bellezza non salverà il mondo.

Pubblicato il 

16.03.12

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