Votazione sulla RII 3

Il discorso è noto: ridurre il carico fiscale permette di attirare nuovi contribuenti le cui contribuzioni compenseranno la diminuzione generale delle imposte. È questa, in sintesi, il credo su cui si fonda la terza riforma sulla fiscalità delle imprese (Rii III), su cui voteremo il 12 febbraio. Una riforma che aveva come obiettivo l'eliminazione degli statuti fiscali speciali ma che si è tradotta in un abbassamento generalizzato delle imposte per le (grosse) imprese. Per chi, come Unia, sostiene il referendum, l'assioma meno tasse uguale più entrate non funziona.

 

Lo dimostra il fatto che molti Cantoni adepti della riduzione fiscale vedono i propri conti sempre più rossi e hanno dovuto adottare drastici piani di risparmio. Discorso che vale anche per la Confederazione: proprio tenendo conto della diminuzione delle entrate causata dalla Rii III, il Consiglio federale ha presentato un programma di stabilizzazione finanziaria 2017-2019 che prevede tagli su tutta la linea. Inutile dire che, ancora una volta, alla cassa sarà chiamata tutta la collettività, le fasce più deboli in particolare.

 

Il caso di Zugo è emblematico. Terra d'asilo per le astuzie fiscali, il Cantone della Svizzera centrale ha attirato negli anni decine di società: dalle multinazionali come Glencore alle semplici società bucalettere. Zugo è considerato il Cantone più ricco della Svizzera oltre che fiscalmente il più attrattivo. Ciò nonostante, da alcuni anni a questa parte i conti cantonali chiudono in rosso: 139 milioni nel 2014, 88 milioni nel 2015 mentre per il 2016 i milioni di deficit messi a preventivo sono 170. Se Zugo fosse uno Stato dell’Ue, tale preventivo non otterrebbe il via libera poiché sfora i parametri di Maastricht. A conti fatti siamo di fronte al Cantone con il disavanzo per abitante più elevato di tutta la Svizzera (1.077 franchi). Così, una volta diminuite le entrate a causa di una politica fondata sugli sgravi fiscali, le autorità cantonali sono intervenute sulle uscite. A settembre il Governo ha lanciato un piano di taglio alle spese da 100 milioni di franchi all'anno. Si tratta della terza manovra in questo senso degli ultimi anni. Siamo al paradosso: il “ricco” Zugo deve tirare la cinghia in continuazione, con misure di risparmio che toccano settori sensibili quali la formazione e la sicurezza. Ma non tutti sono d’accordo. Il 27 novembre scorso la maggioranza dei cittadini votanti ha accolto un referendum, lanciato dalla sinistra e appoggiato dalle federazioni dei docenti, dei poliziotti e dei medici, contro una manovra di risparmio che prevedeva tagli per 40 milioni di franchi all'anno.


Una situazione simile si è presentata anche in un altro noto paradiso fiscale elvetico: Svitto. La situazione finanziaria del Cantone è difficile. A parte il 2015, chiuso timidamente in nero in seguito ad un severo programma di tagli, sono anni che il Cantone chiude gli esercizi con diversi milioni di deficit. Le entrate fiscali non riescono a compensare le spese e i contributi che il Cantone versa nell’ambito della perequazione finanziaria. Le autorità hanno così proposto un aumento delle tasse per le persone fisiche con, per quanto concerne la tassazione dei redditi, un’aliquota unica al 5,5%. Una misura anti sociale, anch’essa affossata in votazione popolare lo scorso mese di settembre quando è stato accolto il referendum lanciato dalla sinistra.

 

Nuovi sgravi, nuovi tagli
Anche la Rii III prevede una diminuzione, generalizzata e massiccia, dell’imposta sugli utili. Inoltre se da un lato la riforma abolisce gli odiosi privilegi fiscali, dall’altro crea nuove possibilità di ottimizzazione fiscale come i chiacchierati patent box. Tutto ciò comporterà delle perdite considerevoli, stimate ad almeno 3 miliardi di franchi annui per Confederazione, Cantoni e Comuni. Tagliate le entrate, seguendo il dogma neo-liberale, si andrà a giustificare i tagli delle uscite. A livello nazionale, cantonale e comunale sono così previsti nuovi e dolorosi programmi di risparmio. Nel suo programma di stabilizzazione finanziaria 2017-2019, il consigliere federale Ueli Maurer ha proposto tagli per 2,8 miliardi di franchi. Una scure che si farà sentire: sono infatti previste riduzioni nell’amministrazione federale (= meno posti di lavoro) e nella socialità, come ad esempio nei contributi federali destinati ai Cantoni per i sussidi di Cassa malati.


A livello cantonale un po’ in tutta la Svizzera sono previste misure di risparmio. In Ticino la politica degli sgravi di masoniana memoria ha già portato a quella diminuzione di entrate che, annualmente, permette di giustificare i tagli nella socialità messi a preventivo (e sui cui, per il 2017, pendono tre referendum su cui si voterà il 12 febbraio). Inutile dire che la riforma fiscale mozzerà come una mannaia la già debole mano sinistra dello Stato. A ciò dovremmo aggiungere le misure di risparmio e di riduzione degli investimenti messe in atto dai Comuni, dato che la Rii III toglierà loro l’ossigeno fiscale necessario ad una politica comunale degna di questo nome. Non è un caso se molti Comuni e Città si considerano le principali vittime della riforma e si sono coalizzati contro quest’ultima.

 

Una riforma disequilibrata
I promotori della riforma parlano di una proposta “equilibrata”. L’esercizio del legislatore dove essere proprio quello di trovare nuove regole fiscali, accettate internazionalmente, che permettano alle grosse aziende di restare in Svizzera e allo stesso tempo garantiscano allo Stato il finanziamento dei propri compiti. In realtà siamo di fronte ad una riforma completamente disequilibrata: c’è chi ci guadagnerà molto e che ci perderà moltissimo. Lo dimostra il fatto che si è scelto di ridurre al massimo la tassazione delle imprese senza però introdurre nuove misure che potessero compensare queste perdite programmate. Non si è voluto nemmeno entrare in materia per quanto concerne un aumento della tassazione dei profitti su capitale o sull’imposizione parziale dei dividendi. Eppure queste due misure sarebbero potute essere perfettamente giustificabili, dato che la riduzione dell’imposta sui benefici gioverà soprattutto agli azionisti delle grandi società.

Pubblicato il 

21.12.16
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