Nove licenziamenti al Corriere del Ticino. Non era mai capitato nella centenaria storia del quotidiano luganese. A sorprendere anche la modalità in cui si sono svolti. Comunicazioni con raccomandate brevi manu o telefoniche, due giorni per accettare le condizioni di disdetta, un piano sociale indecente, la violazione del codice dei giornalisti e il licenziamento di persone vulnerabili.

 

Ad aver perso il lavoro sono un caporedattore a tempo pieno dall’esperienza ventennale (padre di tre figli), due giornaliste di lunga data che avevano ottenuto il tempo parziale dopo la maternità, un giornalista culturale, una ricezionista a tempo parziale, un’archivista a tempo parziale e uno stagista a cui non sarà rinnovato il contratto. A loro si sommano due prepensionamenti, per un totale di nove persone, giusto una in meno dell’obbligo legale dell’attivazione della procedura di licenziamento collettivo.


Una procedura che avrebbe obbligato l’azienda ad allestire un piano sociale concordato, a consultarsi con i dipendenti o i loro rappresentanti e la possibilità di formulare proposte alternative ai licenziamenti collettivi. Il sindacato syndicom è prontamente intervenuto organizzando, insieme all’Associazione ticinese dei giornalisti (Atg), un incontro con la dirigenza e una plenaria coi dipendenti. «La modalità dei licenziamenti al Corriere del Ticino sono gravi e irresponsabili. L’imposizione dall’alto di tagli puramente matematici in assenza di qualsiasi considerazione umana delle persone toccate e senza alcun coinvolgimento del personale nella ricerca di soluzioni alternative, che esistono, non può essere tollerata» spiega Nicola Morellato di syndicom, che aggiunge: «Il personale è molto amareggiato, arrabbiato e preoccupato. A questo malessere, i collaboratori hanno reagito sottoscrivendo a grande maggioranza la petizione in cui si chiede la costituzione di un comitato di redazione e il coinvolgimento dei partner sociali nelle decisioni aziendali». Syndicom e Atg hanno chiesto la revoca dei licenziamenti e l’avvio di consultazioni nella ricerca di risparmi alternativi. Il Consiglio di amministrazione del gruppo non ha ancora risposto, ma la direzione ha concesso una proroga di due settimane ai dipendenti colpiti per decidere se accettare o meno il piano sociale proposto.


La modalità e i criteri dei licenziamenti scelti dalla dirigenza del Cdt, non corrispondono all’immagine di un’azienda socialmente responsabile verso i propri collaboratori. «Disumani, oltre che anti-sociali» li ha definiti Roberto Porta, presidente dell’Atg.


Se sono innegabili le difficoltà economiche in cui versa la stampa a seguito del calo degli introiti pubblicitari spostatisi sul web, il montante complessivo dei soldi risparmiati con la soppressione dei nove impieghi in gran parte a tempo parziale, appaiono difficilmente decisivi nella «sopravvivenza del giornale stesso» come affermato da Fabio Soldati, presidente del Consiglio di fondazione per il Corriere del Ticino. A fronte della potenza economica del gruppo (si veda riquadro) e del conseguente ventaglio di possibili risparmi, pensando ad esempio ai numerosi alti dirigenti prossimi al pensionamento, il montante dei salari tagliati appare dunque irrisorio.


«Una delle maggiori critiche raccolte tra il personale è l’alta densità di quadri e dirigenti nell’organigramma del gruppo, decisamente sbilanciata per rapporto al numero dei redattori. Una sovradimensione gerarchica dal peso salariale importante» spiega il sindacalista Morellato. «Non vi è stato nessun tipo di sacrificio tra i vertici del gruppo» aggiunge Porta. «Una minima riduzione degli stipendi dei manager avrebbe di certo permesso di salvare almeno un paio di posti di lavoro. Si è invece voluto colpire solo i giornalisti e le giornaliste, tagliare alla base dell’organigramma e senza alcun sacrificio dei vertici».


Non gioca nemmeno a favore che il giornale abbia assunto negli ultimi tempi quattro nuovi collaboratori. Se due funzioni sono particolari (un caporedattore del flusso delle notizie della newsroom e un esperto di giornalismo multimediale “rubato” alla Rsi), le due assunzioni alla newsroom suscitano perplessità poiché quei posti avrebbero potuto essere proposti alle collaboratrici di lunga data, prima di metterle alla porta.
Anche la scelta di licenziare le uniche due giornaliste a tempo parziale dell’intero corpo redazionale a seguito della maternità, è stata interpretata come un monito alle colleghe: «Pensateci bene prima di avere dei figli». Un pessimo segnale all’universo femminile, proprio nell’anno dello sciopero delle donne.


L’ondata di licenziamenti, oltre ai diretti interessati, ha indignato e preoccupato i collaboratori. L’indignazione ha prodotto come prima reazione la grande adesione alla costituzione di un comitato di redazione del quotidiano. «Un fatto molto positivo» sottolinea Morellato. «La presenza di un comitato, obbliga la direzione a doversi confrontare con il personale nelle sue scelte aziendali. E quando i collaboratori sono uniti e organizzati, le possibilità di difendere i propri interessi aumentano notevolmente».
I numerosi licenziamenti coincidono con una nuova impostazione editoriale promossa dal neodirettore operativo Paride Pelli, riassunta nello slogan “Prima il digitale, stampa intelligente”. La precedenza sarà dunque data al web (sul quale il Cdt ha investito molto, col sito rinnovato e la newsroom da due milioni di franchi). Anche la versione cartacea appare molto orientata alla lettura veloce rispetto all’approfondimento classico come finora. Al posto delle due pagine quotidiane “Primo piano”, dove si trattavano i generi classici dell’approfondimento (reportage, analisi ecc) ora vi è il “Fatto del giorno”, cioè un approfondimento veloce dell’avvenimento della giornata ritenuto più importante. L’approfondimento classico è dunque passato dalle 12 pagine nell’arco di una settimana, alle quattro odierne nella sola edizione del sabato.


Nessuno ha la soluzione magica alla crisi della stampa scritta nella concorrenza con il web, ma Roberto Porta, (oltre che presidente Atg, responsabile dell’informazione nazionale alla Rsi), resta critico sulla scelta di licenziare dei cronisti. «Fatico a capire perché si sia andati a toccare dei “portatori di notizie”, dei cronisti formati in casa per anni e con un contatto diretto con la realtà locale per sostituirli con il new desk, che di notizie da solo non porta. L’impegno nostro e del sindacato non si limita alla tutela dei colleghi licenziati, ma una lotta a difesa del giornalismo di qualità».

Pubblicato il 

04.06.19
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