I salariati ringraziano

Un «grande uomo di Stato», «un animale politico», «un provocatore», «un visionario», «un simpatico arrogante». È con simili definizioni che la stampa ha reso omaggio a Pascal Couchepin all'indomani dell'annuncio delle sue dimissioni dal Consiglio federale. Così, gli ha dato atto di aver saputo contrastare le derive antidemocratiche di Christoph Blocher e di essere un tipo intelligente e brillante.
L'analisi del personaggio è più o meno condivisibile, ma a noi interessa di più interrogarci su cosa concretamente abbia fatto per tutelare gli interessi dei salariati. La risposta è chiara: nulla! Anzi, ha sempre lavorato per distruggere lo stato sociale.
L'offensiva in atto contro le indennità ai disoccupati affonda le radici in un progetto voluto e realizzato proprio da Couchepin nel 2003, attraverso una revisione legislativa che ha ridotto le prestazioni, ai giovani in particolare.
Ma il politico vallesano si è distinto soprattutto come ministro della sanità. È lui che ha frenato in modo artificiale l'aumento dei premi di cassa malati, andando sempre a colpire gli interessi degli assicurati e dei malati, chiamati ripetutamente alla cassa (con l'aumento delle franchigie e delle partecipazioni ai costi) o indotti a scommettere sulla loro salute per risparmiare qualche franco. Ed è lui che dovrà concludere la sua carriera annunciando per il 2010 aumenti del 15 per cento e ammettere così il fallimento della sua politica. Una politica che ha messo in discussione il principio della solidarietà tra sani e malati, uomini e donne, vecchi e giovani. Era sua del resto l'idea di introdurre premi differenziati per gli ultracinquantenni.
Anche l'attacco alle rendite pensionistiche si è svolto sotto la guida di Couchepin: il tasso minimo d'interesse sugli averi è passato dal 4 per cento del 2004 al 2 per cento di oggi. Per affrontare i problemi finanziari dell'assicurazione invalidità ha messo in piedi una revisione legislativa che ha ridotto del 30 per cento le nuove rendite. Non gli è riuscito invece di innalzare a 65 anni l'età pensionabile delle donne nel quadro dell'11esima revisione dell'Avs, ma ha preparato il terreno per portarla per tutti addirittura a 67 o 68 anni.
Pascal Couchepin ha difeso bene gli interessi che era chiamato a difendere e ha lasciato il segno. Un ministro tanto coerente farebbe comodo alla sinistra.

Pubblicato il

19.06.2009 00:30
Claudio Carrer
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