Mando il pezzo abituale ad area proprio all'ultimo minuto, nonostante avessi promesso di arrivare puntuale. Sono reduce da una lezione-maratona che mi tenuto occupato per tutta una mattinata e ruotante attorno alla nozione di responsabilità. Bella responsabilità quella di un docente che ne parla per ore intere, dimenticando l'impegno giornalistico. Ne aveva infatti assunto la responsabilità... Arrischio ora di ripetere su area la lezione tenuta, trovando soddisfazione nel proporre distinzioni, campi di applicazione, conseguenze giuridiche ecc. Il professore non può proprio smettere il suo mestiere. Vale comunque la pena di continuare il gioco.
Si parla dunque molto di responsabilità in contesti diversi e secondo vari significati. Nasce dunque spontaneo il bisogno di chiarificare e di classificare affinché ci si possa intendere meglio. Rimane comunque dopo aver fatto l'esercizio un senso di insoddisfazione poiché tutte le classificazioni proposte danno l'impressione di non arrivare al cuore del problema. Responsabilità penale, civile, professionale, dell'individuo e delle istituzioni.....e più chi ne ha più ne metta! Ma l'essere umano ha davvero la capacità di rispondere dei propri comportamenti ed in che misura? Il quesito aveva fatto discutere già per secoli, ma  con l'avvento delle libertà moderne e della democrazia si era partiti dall'ipotesi che ogni essere umano, fino a dimostrazione del contrario, vada considerato "come se" fosse capace di intendere e di volere e quindi di rispondere dei propri comportamenti. Ultimamente le neuroscienze hanno emesso, dopo aver osservato il comportamento del nostro cervello, seri dubbi sul  libero arbitrio umano. La sfida lanciata dalle neuroscienze è importante ma non è possibile qui rispondervi seriamente nel giro di poche righe.
Mi sembra più opportuno porre l'attenzione su un altro fenomeno dei nostri giorni. Tutti noi invochiamo spesso l'allargamento delle nostre responsabilità. Non solo nei confronti di coloro che ci circondano, ma anche di coloro che stanno lontano da noi, nel Terzo mondo, nei confronti delle generazioni future, di tutta la natura ecc. Responsabilità senza fine, tutte sacrosante, ma...siamo davvero portatori di una "responsabilità infinita"?La popolarità dell'etica oggi è da spiegare anche con questo diffondersi di un sentimento di "responsabilità infinita". Personalmente sono convinto che la nostra responsabilità sia limitata. E ciò per due ordini di ragioni.
Innanzitutto, e fortunatamente, lo Stato di diritto in cui ci troviamo, non intende obbligarci a fare cose che non riusciamo a mettere ragionevolmente in opera: "ad impossibilia nemo tenetur". C'è però una ragione genuinamente teologica: con i nostri sforzi non riusciamo ad essere perfettamente giusti di fronte a Dio. Paolo ci rammenta dunque che fortunatamente non saremo giudicati sulla perfezione delle nostre prestazioni morali, ma saremo resi giusti da Qualcuno che ci precede. La nostra responsabilità è limitata.

Pubblicato il 

27.04.07

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