È rimasta un po' in sordina ma io personalmente promuovevo l'iniziativa "Aet fuori dal carbone: mai". Peccato non si sia votato anche su questa idea. Si è scelto il compromesso. Molto elvetico. Va bene. Comunque un grande plauso alla partecipazione dell'Azienda elettrica cantonale alla centrale a carbone di Lünen in Germania
Ora, calma, riflettiamo. Usciamo dal nucleare, usciamo anche dal carbone. Per cominciare siamo usciti di senno. Fortuna che sul carbone il popolo sovrano si sia mostrato possibilista, almeno fino al 2035 ci rimaniamo felicemente invischiati. Anche perché da qualche parte dobbiamo pur succhiare energia se non vogliamo tornare alla società a manovella. Se non vogliamo tornare all'epoca in cui il carbone si è formato. Un'epoca in cui, diciamolo chiaramente, non sapevano che farsene e l'hanno lasciato lì a marcire. Ma per fortuna c'è stata un'evoluzione fino alla nostra civiltà che ha capito: possiamo bruciarlo. Bisogna sempre avere fiducia nel progresso. Allo stesso modo le civiltà che verranno dopo la nostra fra molti millenni sapranno trovare un giusto impiego per le contemporanee scorie nucleari. Chi lo sa? Magari le bruceranno come abbiamo fatto noi col carbone. Tante volte sono proprio le soluzioni semplici a risolvere problemi complessi. Ma torniamo ai soliti ecologisti, che sono un po' una spina nel beton, e alle loro solite posizioni ideologiche anti-carbone. Nessuno si è mai chiesto cosa sia veramente il carbone? È un compostaggio dell'era paleozoica. Cascame vegetale che tanto tempo fa si è sedimentato e carbonificato in un'epoca in cui non si pensava proprio alla separazione dei rifiuti. Poi sulla terra ci sono stati i dinosauri che erano grandi ma con poco cervello e dunque il carbone non l'hanno toccato. Ma la questione è: cosa c'è di più ecologico di un compostaggio? Dunque bruciamo carbone con la coscienza pulita.
Il meccanismo è semplice: ogni combustibile è buono per far girare delle turbine e produrre energia. Dunque niente deve essere disprezzato: carbone, legna, gas, rifiuti. Questi ultimi sono un'enorme risorsa perché bruciandoli risolviamo due guai: problema dello smaltimento e problema dell'approvvigionamento elettrico. Allora impegniamoci a cercare nuovi combustibili. In questi giorni che vedevo mandare al macero migliaia di cetrioli innocenti ingiustamente accusati di essere veicolo di infezioni batteriche mi chiedevo: ma se aprissimo la prima centrale a cetrioli? Bisognerebbe parlarne agli amici tedeschi. In fondo abbastanza regolarmente si scatenano delle ondate di panico da epidemia che ci portano a sopprimere o distruggere alimenti vari. Quindi ci vorrebbe una centrale abbastanza duttile per poter bruciare i mostri del momento. Nell'anno dell'influenza aviaria sarebbe la centrale a pulcini (graziosissima), da poi riconvertire in centrale a suini, poi a cetrioli (quest'anno), germogli di soia, eccetera. Sempre con la benedizione dell'Oms. Forza, bisogna al più presto realizzare il prototipo di questo terrore-valorizzatore.

Pubblicato il 

10.06.11

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