Si sommano le rievocazioni sull'11 settembre. A ragione, anche se la bulimia dei servizi informativi non aiuta necessariamente a capire di più. Ma di certo quel giorno di 10 anni fa è una delle cerniere della nostra epoca. Una di quelle giornate che divide il mondo in vincitori e vinti.
Non sappiamo ancora chi sia il vincitore della guerra al terrorismo, né è ben chiaro chi lo sia in Iraq piuttosto che in Afghanistan. O anche in Libia. Per non parlare della Palestina. Sappiamo però chi possiamo mettere fra gli sconfitti dell'11 settembre. Al primo posto, indubbiamente, i cittadini musulmani, ovunque essi siano. Subito accomunati tutti nel sospetto, sono diventati il nemico numero uno dell'Occidente – e dato che l'Occidente ha la pretesa di essere il faro del mondo libero, i musulmani sono diventati i nemici del mondo intero. Anche dove l'estremismo islamista non costituisce assolutamente una minaccia, come in Svizzera. Anzi, anche laddove la minaccia viene semmai da chi si è autoproclamato difensore dei presunti valori occidentali, come in Norvegia.
Trovato il nemico pubblico, esso è poi diventato il capro espiatorio per quasi tutti i nostri mali. Anche in Svizzera, che dalla presenza di cittadini musulmani non ha mai avuto nessun particolare problema. Ma dopo l'11 settembre è improvvisamente diventato pensabile quel che prima di quella data era inconcepibile, memori come ancora si era delle lezioni della Seconda guerra mondiale. Il divieto di costruire minareti è solo un esempio. Un altro sono i tentativi, a volte riusciti, di proibire il burqua.
In poco tempo i musulmani sono così diventati cittadini di rango inferiore, per i quali non valgono tutti i diritti che l'Occidente libero riconosce ad ogni essere umano. Un po' com'era successo con gli ebrei nella Germania nazista, e non solo lì: i respingimenti in massa di profughi ebrei giunti al confine con la Svizzera furono possibili solo perché anche qua era diffuso un odio strisciante nei confronti di tutto un popolo.
E a proposito di profughi respinti in massa: lo sono anche i 10 mila cittadini iracheni le cui domande d'asilo furono lasciate a marcire nei cassetti delle ambasciate di Svizzera in Siria ed Egitto. Dagli ebrei ai musulmani, la storia s'è ripetuta, sfruttando le nostre complici e colpevoli amnesie.

Pubblicato il 

09.09.11

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