Con questo testo Alberto Nessi risponde alla lettera del nostro lettore Marco Trevisani che pubblichiamo qui sotto

Caro Marco, se non mi sbaglio, ci siamo conosciuti in giovane età. In ogni caso, mi permetto di darti del tu, perché ti sento amico. Ti ringrazio molto per l'apprezzamento nei miei confronti,  ma "maître à penser" è un termine che mi mette in imbarazzo: basterebbe "frère à penser". Te lo dico, non per il gusto di giocare con le parole, ma perché credo di pensarla come te. Anch'io sono contro la politica di Israele che opprime i Palestinesi: "quarantacinque anni di occupazione li hanno schiacciati, sgretolati e paralizzati",  dice  lo scrittore David Grossman nella lettera a Netanyahu pubblicata su "la Repubblica" del 6 novembre scorso. E sono sempre stato sulle posizioni dello storico Maxime Rodinson che, già nel libro della fine degli anni Sessanta Israele e il rifiuto arabo, diceva: "La causa profonda del conflitto è l'insediamento di una nuova popolazione su un territorio già occupato, insediamento non accettato dall'antica popolazione del luogo. Il conflitto ci appare così, essenzialmente, come la lotta di una popolazione indigena contro l'occupazione straniera del suo territorio nazionale". Dunque credo di non avere un partito preso nei confronti di Israele. Ma il mio articolo non voleva entrare nel merito del conflitto Israele - Palestina, nel quale io sto dalla parte dei martoriati di oggi, bensì mettere il dito nella piaga dell'antisemitismo, piaga antica che non si richiude mai. Io vedo spesso l'antisionismo - nel quale anch'io, pur essendo contro la violenza, mi riconosco, - tramutarsi in antisemitismo - che mi fa orrore. E per antisemitismo intendo l'attribuzione agli ebrei, attraverso i tempi e in tutti i paesi, di un "essenza" nefasta e diabolica. Sono certo che anche tu rifiuti con indignazione un siffatto concetto, basato, tra l'altro, su un famigerato falso come i Protocolli dei Savi anziani di Sion, testo tuttora molto popolare fra le popolazioni arabe. Ma questo concetto perverso, basato sul mito della cospirazione mondiale ebraica, è ancora molto diffuso anche in Europa, non solo tra gli ignoranti e tra i fanatici di destra, ma anche fra i colti e in certa sinistra. Era questo l'intento del mio articoletto, basato su piccole esperienze personali. Probabilmente non mi sono fatto capire. E mi dispiace che il mio scritto sia stato frainteso.
Caro Marco, tu che hai letto i miei scritti sai che sto con gli oppressi di tutto il mondo e quindi con i Palestinesi. Ma non sopporto l'odio e il pregiudizio verso la popolazione ebraica, che nei discorsi dei fanatici dovrebbe essere sterminata. Credo che su questo siamo d'accordo e forse si potrebbe sperare nella costituzione, in quelle terre senza pace, di uno stato binazionale. È un'utopia? Forse. Ma come dice Maxime Rodinson nel libro che ho citato, "nelle miserie umane bisogna lasciarsi guidare, nonostante tutto, dall'ondeggiante fiamma della  speranza".

A proposito della rubrica "Confini" di Alberto Nessi, area n. 12 del 31 agosto 2012:

Tramite i suoi libri e scritti vari conosco Alberto Nessi da anni, lo stimo, lo apprezzo e l'ho addirittura considerato talvolta come un mio "maître à penser" nonostante io sia un suo coetaneo!
È per questo motivo che una parte dello scritto "Il legno storto" (apparso su area già qualche settimana fa, la mia reazione è un poco tardiva...) mi ha sorpreso. E' vero che l'interlocutore di cui parla Nessi ha considerato soprattutto degli argomenti insensati (anche perchè tira in ballo gli Ebrei in una questione che riguarda invece Israele) per criticare Israele. Ma non capisco perchè lo scrittore trascuri un punto cruciale richiamato da detto interlocutore (un rifugiato arabo), come quello che afferma che «Israele opprime i Palestinesi», lasciando così chi legge con l'impressione che egli abbia un partito preso a favore di Israele, cosa che -da ciò che conosco di Nessi- mi sembra non vera. Da anni la feroce repressione di Israele e la sua prepotenza nella aggressiva politica delle colonie è sotto gli occhi di tutti ed è denunciata anche da tanti Israeliani tra cui molti scrittori; uno fra i primi a indignarsi fu Yizhar nel suo libro "La rabbia del vento" nel lontano 1948 (?). Mi piacerebbe conoscere il pensiero di Nessi su questo drammatico problema, magari in occasione di un suo prossimo scritto per area. Io faccio parte di quelle persone laureate (insegnante in pensione) e, non so quanto colte ma appassionatamente interessate alla cultura alle quali allude Nessi: come non trovare la situazione dei Palestinesi attualmente insopportabile, di fronte a un'indifferenza sempre più generalizzata (e ora anche l'Europa si tira indietro nella difesa - pur modestìssima - di questo Popolo martoriato)? Rivendico il diritto di criticare Israele senza per questo passare per antisemita.

Marco Trevisan

Pubblicato il 

23.11.12

Edizione cartacea

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