Al supermercato mi viene incontro una donna con in mano un mazzetto di fiori di zucca avvolto nella carta d'argento con, al centro, il verde di tre foglie di basilico. Mi racconta la sua vita, davanti allo scatolame allineato sugli scaffali. Gli occhi sono trasparenti, acqua di un ruscello dove spunta il crescione. Nata nei paesi del riso, ora vive in zona di frontiera, coltiva  zucche,  pomodori, ogni sorta di verdure. Fa la pasta in casa e ha la vista buona ancora per cucire, ricamare. Una donna d'altri tempi. Il suo racconto è fluente, inarrestabile, s'interrompe solo davanti al banco dei formaggi. Saluto, faccio per andarmene alla cassa quando la vecchia signora degli orti suburbani- un angelo travestito da casalinga?- m'insegue e mi regala i fiori di zucca, di un giallo  intenso come la carezza di un tramonto in autunno. Mi sciorina una ricetta per la frittata, che dimentico subito, e mi porge tanti auguri per la mia famiglia.

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Sulla panchina di una stradina ombreggiata da tigli ancora fogliosi, una di quelle sante panchine che ospitano i pensieri dei solitari, le chiacchiere dei pensionati e gli abbracci degli adolescenti, vedo il mio ex allievo con un berrettone grigio in testa. Mi viene in mente quando leggeva il componimento in piedi davanti alla classe, ai tempi del Ginnasio. Era il migliore. Ora è ingobbito, si dondola avanti e indietro, mi racconta di sua mamma "andata in confusione" che quest'estate si rifiutava di mangiare, finché hanno dovuta nutrirla con la flebo. Ora la mamma è a casa, con la badante romena. "Ma bisognerebbe dire donna di fiducia", osserva l'ex allievo. Sì, mi sembra più giusto. La straniera, che noi spesso vediamo con diffidenza, sulle labbra del mio ex allievo provato dalla vita diventa la donna di fiducia.

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La Gina fruga nei cestini dei rifiuti. Non siamo a Milano, ma in un paesino di valle e la Gina non è una barbona ma una vecchia della campagna bergamasca emigrata qui da giovane, rimasta vedova del marito e della campagna. Magra come uno stecco, occhiaie viola, grembiulone, la incontravo spesso sul sentiero in compagnia di un cagnetto timido che si chiamava Iago. Raccoglieva legna per camino e castagne. Ora Iago non c'è più e la Gina ogni giorno scopa l'asfalto, vuota i cestini, trasporta fuscelli, passa lo straccio della polvere sui banchi della chiesa. Un colpo di ramazza e via la miseria! Via la cenere nascosta nelle pieghe del passato! Via i demoni che lasciano la loro sporcizia nelle cunette! Le foglie secche sono i giorni che se ne vanno, il giornale accartocciato il bambino  di Aleppo visto al telegiornale, le pozzanghere il sangue degli ammazzati, i fuscelli i gelsi perduti di Adrara. Gina la solitaria fa le grandi pulizie in un mondo che non capisce e che non la capisce.

Pubblicato il 

26.10.12

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