Fino all'ultima goccia di potere

Due sono le notizie che, nei primi cinquanta giorni del 2004, hanno rinnovato nell’opinione pubblica l’interesse per i rapporti tra la politica e l’economia. A metà gennaio s’è saputo che l’ex-consigliere federale Kaspar Villiger, pochi giorni dopo aver lasciato la poltrona di ministro delle finanze, ha accettato di assumere l’incarico di consigliere d’amministrazione della Swiss Re, remunerato con circa 200 mila franchi all’anno. Swiss Re è la più grande compagnia svizzera d’assicurazione e una tra le prime società mondiali di riassicurazione (quelle, cioè, che assicurano le assicurazioni). La seconda notizia è che l’Udc ora cerca di scalzare il Prd anche dai vertici delle associazioni economiche. In maggio l’Unione svizzera delle arti e mestieri (Usam) dovrà sostituire il presidente, l’ex-consigliere nazionale argoviese del Prd Hans-Rudolf Früh, che si ritira per ragioni d’età. Al suo posto, il comitato direttivo vorrebbe un altro radicale, il consigliere nazionale Edi Engelberger, di Stans (Nidvaldo), attuale vicepresidente. L’Udc gli ha però contrapposto un proprio candidato, lo zurighese Bruno Zuppiger, anche lui parlamentare federale, spalleggiato da quel pezzo da novanta del partito di Blocher che è il consigliere nazionale Toni Bortoluzzi. Questi due episodi rappresentano le due facce della stessa medaglia: da un lato c’è l’intreccio forte, condizionante e remunerativo (anche in termini di puro potere), degli interessi dei politici e degli interessi dell’economia; dall’altro c’è la lotta tra i partiti borghesi per accaparrarsi la fiducia dei potentati dell’economia, che ovviamene pongono le loro condizioni. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: tentativi ripetuti di ridurre le imposte ai ricchi, pressione per tagliare la spesa pubblica, diminuzione delle prestazioni dello stato sociale. L’aumento della disoccupazione e della nuova povertà è soltanto un corollario, cioè una conseguenza logica della politica dominata da questo intreccio d’interessi. Ma quali e quanti sono i potentati economici che influenzano apertamente, tramite la dichiarata attività di lobby, le decisioni della politica? Una volta c’era il Vorort, l’Unione svizzera di commercio e d’industria, l’onnipotente organizzazione padronale che dal 2000 s’è svecchiata e modernizzata, fondendosi con la Proec (Società per il promovimento dell’economia svizzera) ed assumendo il nome di Economiesuisse. Nella sostanza non è cambiato nulla, salvo che adesso questa “organizzazione mantello” è diventata più efficiente di prima e quindi, se possibile, ancor più influente. I membri di questa “Federazione delle imprese svizzere”, come si autodefinisce, sono100 associazioni di categoria, 20 camere di commercio cantonali e molte ditte singole, per un totale di 30 mila aziende di ogni dimensione, che occupano 1,5 milioni di dipendenti. Fra i settori rappresentati si annoverano banche, industria della costruzione, servizi di consulenza, industria chimica e farmaceutica, energia, commercio, industria alberghiera e turismo, informatica, comunicazione e media, industria della plastica, industria delle macchine e degli equipaggiamenti elettrici e dei metalli, industria alimentare, carta e cartone, industria del tabacco, telecomunicazioni, tessili e abbigliamento, trasporti, orologeria, imballaggi, assicurazioni, pubblicità, cemento. In basa ai suoi statuti, Economiesuisse «rappresenta gli interessi dei propri membri in tutti i settori della politica economica, presso gli ambienti politici e l’opinione pubblica. Essa si impegna a favore di condizioni-quadro ottimali per la piazza economica svizzera e si sforza di promuovere la competitività dell’economia svizzera e delle sue aziende. Essa difende i principi dell’economia di mercato, assumendo una responsabilità sociale ed ecologica». Quindi, un chiaro obiettivo politico, che viene prima di quello economico. Di conseguenza, l’interesse di Economiesuisse spazia dalla politica economica e monetaria a quella finanziaria e fiscale, da quella dell’economia estera a quella della formazione e della ricerca, da quella dell’energia e dell’ambiente a quella della concorrenza. Ciò vuol dire che Economiesuisse intrattiene contatti stretti e regolari con il governo, l’amministrazione e il parlamento. Suo scopo è quello di identificare i temi politici importanti per l’economia, impegnandosi in un intenso lavoro di lobbying a tutti i livelli del processo legislativo. Ciò avviene attraverso la partecipazione a gruppi di esperti, la preparazione di atti legislativi, le procedure di consultazione, la costante osservazione delle decisioni del Consiglio federale e del parlamento, la partecipazione a votazioni popolari. Inoltre, Economiesuisse collabora attivamente con l’Unione padronale svizzera, con la quale divide i locali della “Casa dell’economia” a Zurigo, ed intrattiene rapporti stretti con l’Unione svizzera delle arti e mestieri (Usam). Queste ultime rappresentano gli altri due centri di potere dell’economia che fanno apertamente del lobbysmo presso i politici. L’Unione padronale svizzera riunisce 60 associazioni (30 regionali e 30 settoriali) di datori di lavoro. È una delle più antiche organizzazioni economiche svizzere. L’Usam riunisce 25 associazioni cantonali e 210 associazioni professionali, soprattutto di piccole aziende ed industrie che lavorano per il mercato interno, in particolare nel settore alberghiero e della ristorazione, e nei campi del commercio, dell’artigianato, dell’alimentazione, dell’abbigliamento, dell’edilizia e della lavorazione del legno e dei metalli. Il suo potere d’influenza, proprio per questa sua diffusa capillarità nell’economia e nella società, è notevole. Ambedue le “Unioni” ospitano, nei rispettivi organi direttivi, parlamentari federali borghesi, soprattutto del Prd. A questi centri di rappresentanza dell’economia, vanno poi aggiunte le banche e le assicurazioni, grandi e piccole, che oltre a farsi sentire attraverso Economiesuisse per quanto concerne gli interessi generali dell’economia, dispongono anche di una propria organizzazione di lobbying. Insomma, in un modo o nell’altro il mondo finanziario fa pesare sulla politica federale i propri interessi e le proprie scelte. E la Svizzera ufficiale regolarmente si adegua. Basti pensare alla questione del segreto bancario nei rapporti con l’Ue, o al recupero dei capitali del “secondo pilastro” sperperati in borsa. Kaspar Villiger ha difeso questi interessi, ed ora riceve la “giusta” mercede.

Pubblicato il

20.02.2004 02:30
Silvano De Pietro
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