Ironizzando sul rispetto delle gerarchie e la disciplina dei tedeschi, Lenin sosteneva che in Germania non ci sarebbe mai stata la rivoluzione, visto che, prima di occupare una stazione ferroviaria, i rivoluzionari teutonici si sarebbero messi ordinatamente in fila per acquistare il biglietto.
Anche se di sciopero, e non certo di rivoluzione, si tratta, il vecchio Vladimir Il'ic rimarrebbe di stucco nel vedere cosa sta avvenendo in questi giorni tra il Reno e l'Oder. Certi giornali, esagerando, lo paragonano già alla mitica lotta dei minatori britannici contro il governo Thatcher, ma, fatte le debite proporzioni, lo sciopero dei macchinisti ferroviari contro la Deutsche Bahn rappresenta un evento senza precedenti per durata e radicalità nel paese che, almeno un tempo, era famoso nel mondo per la concertazione e l'"economia sociale di mercato".
Tutto ha avuto inizio a giugno, quando la piccola e combattiva Gdl, la sigla dei macchinisti ferroviari (vedi box sotto), non ha voluto firmare il nuovo contratto sottoscritto, invece, dagli altri due sindacati di settore (Transnet e Gdba) con le ferrovie. Al posto dell'aumento salariale del 4,5 per cento previsto dall'accordo, la Gdl chiede aumenti del 30 per cento e, soprattutto, un contratto separato per i macchinisti che attualmente ne hanno uno in comune con bigliettai, addetti alla ristorazione, capitreno e gli altri dipendenti della Deutsche Bahn e del suo indotto.
Da allora il braccio di ferro tra la Gdl e le ferrovie tedesche, dopo una serie di infruttuosi tentativi di dialogo, è sfociato in uno sciopero che, tra sentenze di tribunali, precettazioni e tregue imposte dalle vacanze estive, dura da più di due mesi.
Per il momento le astensioni dal lavoro dei macchinisti si sono limitate al traffico locale, paralizzando per intere giornate il trasporto pubblico nelle grandi aree urbane, ma per i prossimi giorni è atteso il verdetto definitivo sul diritto di sciopero dei conducenti dei treni a media e lunga percorrenza e del trasporto merci. Una strana sentenza, emessa in luglio dal Tribunale del lavoro di Chemnitz e da molti ritenuta palesemente anticostituzionale, ha, infatti, limitato la possibilità di agitazioni al solo trasporto locale. In attesa del verdetto sul ricorso presentato dalla Gdl, i macchinisti hanno annunciato altre 30 ore di sciopero nell'arco del fine settimana.
Le conseguenze per le ferrovie sono al momento disastrose e più per motivi d'immagine che economici. Secondo un sondaggio condotto dalla prima rete televisiva Ard, la maggioranza dei tedeschi, pur lamentandosi per i disagi causati dallo sciopero, vede nella Deutsche Bahn il responsabile numero uno per la situazione creatasi. Secondo due tedeschi su tre, inoltre, è comprensibile che, vista l'enorme responsabilità che si accollano quotidianamente, i macchinisti pretendano un contratto diverso e più soldi rispetto agli altri dipendenti dell'azienda.
Neanche questi sondaggi sembrano, però, indurre la Deutsche Bahn, e il governo federale che è (ancora) il suo azionista di riferimento, a più miti consigli. Oltre a ripetere un giorno sì e l'altro pure che per i macchinisti non ci sarà mai un contratto specifico, le ferrovie hanno deciso di sottolineare la propria determinazione licenziando in tronco due macchinisti che nei giorni scorsi si erano astenuti dal lavoro (secondo l'azienda, con la loro condotta avrebbero messo a rischio la sicurezza dei passeggeri) e ammonendone per iscritto un centinaio.
Per meglio comprendere questa inedita strategia della fermezza da parte della Deutsche Bahn bisogna sapere che la madre di tutti gli attuali problemi dell'azienda è la futura privatizzazione già decisa a livello politico. Nel giro di un paio d'anni, infatti, le ferrovie tedesche dovrebbero trasformarsi in una specie di minotauro con servizi in mano ai privati e rete destinata, almeno in un primo tempo, a restare di proprietà pubblica. Dietro le intimidazioni ai macchinisti c'è quindi il desiderio di presentare la Deutsche Bahn come un affare per gli investitori.
Incuranti della futura privatizzazione, i macchinisti continuano la loro lotta e lo fanno nella totale assenza di solidarietà da parte delle altre sigle sindacali e della confederazione Dgb che li accusano di inseguire i propri interessi specifici e di minare così l'unità sindacale.

Il motore è la Gewerkschaft Lokomotivführer

La Gdl (Gewerkschaft Deutscher Lokomotivführer), il sindacato dei macchinisti ferroviari attualmente protagonista di una delle battaglie contrattuali più dure della storia tedesca, non è una creazione recente, come si potrebbe pensare in tempi di particolarismi imperanti anche in ambito sindacale, ma data 1867, ben 4 anni prima dell'unità tedesca sotto Bismarck e Guglielmo I di Prussia.
La Gdl conta attualmente circa 30 mila iscritti ed è radicata soprattutto nelle regioni orientali del paese. A differenza delle altre due sigle dei trasporti ferroviari (Transnet, che conta oltre 270 mila iscritti tra personale di bordo, addetti alla ristorazione e bigliettai, e la Gdba, forte di circa 65 mila membri di cui oltre la metà sono funzionari statali maggiormente tutelati rispetto ai loro colleghi, ma privi del diritto di sciopero) la Gdl lo scorso giugno non ha sottoscritto il nuovo contratto con le ferrovie, che prevede un aumento dei salari del 4,5 per cento, e si batte per un contratto specifico per i macchinisti. Questa linea di condotta ha portato non solo ad uno scontro aperto con la Deutsche Bahn, ma anche a rapporti tesissimi con gli altri due sindacati del settore e con la confederazione unitaria Dgb, a cui Transnet è affiliata, che accusano la Gdl di mettere a rischio l'unità sindacale pur di inseguire il proprio interesse specifico. Da parte sua la Gdl risponde che, assodata l'incapacità delle altre due sigle di far valere i diritti della categoria, i macchinisti si vedono costretti a tutelare in proprio i loro interessi. Un'impostazione questa che, dai controllori di volo ai medici ospedalieri, sta riscuotendo sempre più successo negli ultimi tempi.
Comunque la si pensi in merito, una cosa è certa: da maggio a oggi il numero dei macchinisti che abbandonano Transnet e la Gdba per iscriversi alla Gdl è in costante crescita.

Pubblicato il 

26.10.07

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