In tutto il mondo i movimenti sociali stanno vivendo una fase particolarmente innovativa e dialettica. Dinamismo e capacità di aggregazione sono i loro segni distintivi. Lo afferma, in un’intervista esclusiva Eric Toussaint, direttore del Comitato per l’annullamento del debito del Terzo Mondo (Cadtm), con sede a Bruxelles, una delle organizzazioni più impegnate nella riflessione e nell’azione anti-globalizzazione. Militante e visionario, la sua lungimirante analisi riscopre l’arte del pensare/agire in un processo di costante cambiamento. Che fase stanno attraversando oggi i movimenti sociali dell’America Latina e del Sud: di ricostruzione, di consolidamento o una fase del tutto nuova? "Si tratta di una fase completamente nuova. Mai prima d’ora, infatti, si è verificato un processo di aggregazione di questa portata fra gli agricoltori, i sindacati, i nuovi movimenti come Attac (Associazione per una tassa sulle transazioni finanziarie speculative da destinare all’aiuto ai cittadini), le organizzazioni femministe (come la Marcia mondiale delle donne), i gruppi indigeni e una nuova generazione di giovani militanti che contribuiscono a rinnovare e fortificare queste iniziative. Per dare un’idea della situazione, basti ricordare il vivo dibattito sviluppatosi nell’ambito del Forum sociale mondiale di Porto Alegre, fra le organizzazioni rurali (riunitesi in Via Campesina) e i gruppi più attivi del movimento sindacale mondiale, fra cui i sindacati coreani (Kctu), francesi (Sud, Fsu), l’argentina Confederaciòn de Trabajadores (Cta) così come l’ala sinistra della brasiliana Central Unica de Trabajadores. Ebbene, nonostante le loro differenze di storie, piattaforme e azioni, i gruppi hanno scoperto di avere moltissimi punti essenziali in comune. Questa relativa "omogeneità" di pensiero alternativo e controcorrente proviene da un salto di maturità dei diversi movimenti sociali o da una mancanza di creatività della sinistra mondiale che porta molti attori, in posti diversi, a ripetere "meccanicamente" gli stessi concetti? No! Penso si stia sviluppando una realtà nuova come risposta alla globalizzazione. Si è verificata un’unificazione politica… stiamo percorrendo gli stessi sentieri nei diversi angoli del pianeta. È un salto qualitativo delle idee e dell’aggregazione! Per capire questo processo, è fondamentale ricordare che da vent’anni stiamo vivendo un’offensiva brutale del capitale contro il lavoro e delle classi governanti dei paesi più industrializzati contro i popoli dei paesi periferici. Si tratta di due manovre della stessa offensiva — promossa da Thatcher e Reagan — che ha evidentemente portato risultati positivi ai suoi promotori. D’altra parte, dobbiamo riconoscere che quest’offensiva non è finita. Due esempi: gli annunci dei licenziamenti in massa nei paesi centrali — da parte delle imprese multinazionali — che si susseguono gli uni agli altri; e il tipo di risoluzione attuale alla crisi dell’Argentina e della Turchia. Entrambi gli esempi dimostrano con chiarezza che le classi dominanti del Nord continuano la loro avanzata tanto sui popoli dei paesi periferici, quanto sui salariati del Nord più industrializzato. Ma ugualmente stanno ad indicare come le classi dominanti dei paesi periferici — sia la borghesia argentina che quella turca — stiano facendo fronte comune insieme con le classi dominanti dei paesi più industrializzati. Non esiste attualmente un progetto populista o di sviluppo elaborato dai settori dominanti dei paesi del Sud. Riprendendo la mia analisi iniziale, si può dire che l’aggregazione dei movimenti sociali nasce come conseguenza e risultato di questa offensiva. Una aggregazione che deriva da una fermentazione significativa dei movimenti sociali nel solco di una crisi di orientamento delle sinistre. Sarebbe a dire… Poiché la politica non ama i vuoti, i movimenti sociali in questa fase stanno colmando il vuoto lasciato dalla sinistra. Sono movimenti che, fino a poco tempo fa, si preoccupavano soprattutto della difesa degli interessi dei loro rispettivi settori e che adesso si proiettano a un livello più globale e, al contempo, tentano di trovare risposte in comune. Secondo questa interpretazione l’emergere di questi nuovi attori sociali porterebbe a credere che si sia di fronte ad una soluzione della crisi di idee della sinistra "tradizionale"? "Non intendo affermarlo così perentoriamente. E non ritengo che non ci sia bisogno di partiti della sinistra. Non è la mia conclusione. Ciò che sottolineo, semplicemente, è che ogni giorno di più ci sono movimenti sociali più radicali e più capaci di prendere iniziative che non la maggior parte dei partiti di sinistra a livello mondiale. Per esempio, trovo che il Movimiento de los Trabajadores Sin Tierra (Movimento dei lavoratori senza terra) del Brasile (Mst) è più capace e possiede più volontà di prendere iniziative a favore degli oppressi che non lo stesso Partido de los Trabajadores (Partito dei lavoratori)… Questo senza parlare delle crisi del Fronte sandinista del Nicaragua, del Fmln salvadoregno o della Urng del Guatemala, tutti nel bel mezzo di una preoccupante tendenza in evoluzione. Comunque non credo che i movimenti sociali siano in grado di dare una risposta a tutte le domande. Penso però che in questa fase di lotta siano, in molti casi, i più conseguenti riguardo alla necessità di organizzare la resistenza e preparare le condizioni per passare alla controffensiva contro il capitale. Alla luce di questa riflessione, qual è lo spazio per i partiti di sinistra e quale quello dei movimenti sociali? "Non ho un’idea definita in merito così come non sono in grado di avanzare delle soluzioni ben precise. Penso che in alcuni paesi sia necessario rifondare partiti della sinistra radicale partendo dai movimenti sociali ma conservando una chiara differenza fra movimento e partito. Non credo, senza dubbio, sia adeguato trasformare i movimenti sociali in partiti. Ma reputo importante, in particolar modo, appoggiare creazione di partiti dei lavoratori, degli oppressi, siano questi agricoltori, operai, maestri, ecc. I movimenti sociali non hanno lo stesso livello di esigenza dei partiti di sinistra. Ciò che li differenzia è, soprattutto, la relazione che gli uni e gli altri hanno con il potere. Un partito politico ha una strategia per mettersi in relazione o prendere il potere. Per i movimenti sociali il potere non è il primo obiettivo. Credo, a questo livello, che la posizione dell’Esercito zapatista della liberazione nazionale (Ezln) del Chiapas abbia a che vedere con l’esperienza traumatizzante di una sinistra ossessionata dalla conquista del potere da ottenere con qualsiasi mezzo e pagando qualsiasi prezzo… Così tantomeno sono convinto della risposta dell’Ezln. Sono appena stato in Brasile dove ho percepito molto forte l’esigenza dei dirigenti sociali della base e delle classi medie a mantenersi autonomi rispetto al principale partito della sinistra… Considera salutare questa visione? "Certo, sono completamente d’accordo su tale autonomia. Questo non deve significare, senza dubbio, che i movimenti sociali smettano di appoggiare i partiti che possono permettere un progresso della lotta. Tutt’altro, però lo facciano conservando la loro autonomia. Seattle, Washington, Praga, Porto Alegre, Québec… Verso quali mete devono dirigersi i prossimi passi del movimento mondiale anti-globalizzazione? A Porto Alegre, con la dichiarazione finale dei Movimenti sociali — che non è il documento definitivo del Forum in quanto tale documento non è esistito — si è pervenuti ad un punto importante dell’accordo. Penso sia uno dei consensi più importanti conquistati in quella tappa. La questione ora passa attraverso l’appropriazione reale del contenuto di tale Dichiarazione. Che, nel futuro, potrà essere migliorata, emendata… Ma di per sé quel documento parla di un progresso importante. Inoltre, è necessario migliorare il coordinamento fra i movimenti sebbene non mi sembri appropriato in questo momento creare una superstruttura internazionale, che risulterebbe artificiale, affrettata e comporterebbe più problemi che soluzioni. Dopo la mobilitazione contro l’Accordo del libero commercio delle Americhe (Alca) nel Quebec, arrivano gli altri incontri: Genova il prossimo luglio, dove si riunirà il "G8" (le sette nazioni più ricche del pianeta e la Russia); Washington a fine settembre (assemblea della Banca Mondiale e del Fondo monetario internazionale); il Qatar, agli inizi di novembre, che ospiterà l’Organizzazione mondiale del commercio. Sono tutti appuntamenti molto importanti per il movimento anti-globalizzazione neo-liberista. Dobbiamo essere capaci di mobilitarci per questi incontri, appropriandoci nel concreto della Dichiarazione di Porto Alegre. Inoltre, dobbiamo dare avvio nei paesi e nelle regioni a campagne legate ai punti principali di tale Dichiarazione. Per me, ad esempio, è centrale tutto ciò che si riferisce alla mobilitazione per l’annullamento del debito estero del Sud. Non si tratta solo di sensibilizzare le persone sulla questione ma anche di fare un passo avanti e intrapprendere iniziative concrete. Non possiamo aspettarci nulla dal Fondo Monetario o dalla Banca Mondiale. Tantomeno dal "G8". È giunto il momento di rifiutarsi seriamente di pagare!

Pubblicato il 

01.06.01

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