«Difficile credere che simili strategie vengano decise a livello locale»

Enrico Borelli di Unia commenta i documenti Conforama

Enrico Borelli, segretario di Unia Ticino, conosce bene la realtà del  terziario cantonale, di cui da anni è anche responsabile di settore per il sindacato. La documentazione riguardante la Conforama di Grancia di cui è venuto in possesso, non lo sorprende più di tanto. È la conferma di ciò che s’intuiva da tempo grazie a indizi raccolti sul terreno.

Signor Borelli, in questo caso però vi sono un paio di elementi nuovi. Se la sostituzione di personale indigeno con frontaliere perché più a buon mercato per il padronato era facilmente ipotizzabile, nella strategia aziendale assume un ruolo centrale anche l’aspetto generazionale.
È la dimostrazione del cinismo del mondo del lavoro attuale. La conferma che la messa in concorrenza tra lavoratori si gioca a più livelli. Non solo territoriale, ma anche di genere, di formazione e generazionale. In quest’ultimo caso, pesa l’impostazione del sistema pensionistico elvetico, dove si colpevolizzano i lavoratori più anziani perché rappresentano un costo maggiore rispetto ai giovani. Come sindacato, dobbiamo riuscire a costruire delle dinamiche di solidarietà intergenerazionali per sfociare su rivendicazioni nuove, che superino questi steccati.


Altra novità è la metodologia scientifica con cui la sostituzione viene pianificata. La stupisce?
No. Queste aziende globali pianificano fino all’ultimo centesimo le loro operazioni e studiano nel dettaglio come abbattere i costi del lavoro. Gli aspetti contrattuali, l’organizzazione del lavoro, il contenitore del negozio, i mercati dove recuperare le merci, tutto è pianificato a tavolino. Difficile credere che le strategie di cui stiamo parlando siano state concepite solo all’interno di una filiale e non sul piano nazionale, se non internazionale. Anche in Ticino si pagano gli effetti della liberalizzazione del mercato del lavoro, detta globalizzazione.


È solo nel terziario che si può parlare dell’effetto sostituzione oppure avviene anche in altri settori? Se sì, che forme assume?
Il dumping salariale ha volti diversi. Non si limita ai casi di salari scioccanti. Nelle fabbriche e nei cantieri storicamente la presenza frontaliera è importante. Ciò non vuol dire che in quei settori esista un gioco al ribasso. Nell’edilizia ad esempio, i neo-assunti sono in gran parte classificati come manovali, sebbene molti siano qualificati o con buona esperienza. Nel terziario, la situazione è ancor più devastante perché non esistono tutele contrattuali per i lavoratori e tradizionalmente era un settore che impiegava manodopera residente, oggi sostituita da personale che il padronato paga a buon mercato.


Nella vendita al dettaglio non esiste un contratto collettivo di lavoro obbligatorio. Se ci fosse, potrebbe ripetersi un caso del genere?
Incominciamo col dire che nella vendita il padronato non vuole un contratto collettivo. E, soprattutto, non vuole un efficace organo di controllo che ne verifichi la sua applicazione, come potrebbe essere il caso di una commissione paritetica. Fatta questa premessa, non credo che il contratto sia lo strumento miracoloso che ci salverà da tutti i mali dell’attuale mondo del lavoro. Potrebbe essere un buon mezzo, ma il vero strumento per arginare il degrado è l’azione collettiva e organizzata dei salariati sui posti di lavoro. Senza questo, è difficile fare passi avanti.
La percezione di una sostituzione di manodopera residente esiste, ma spesso le autorità negano il problema in ragione di assenza di dati certi. È così difficile dimostrare il fenomeno?
Il divario tra le statistiche federali e la realtà che intercettiamo quotidianamente nel mondo del lavoro cantonale è a dir poco stridente. Detto questo, anche il sindacato non è in grado di  monitorare l’intero mondo del lavoro. Lo può fare solo grazie al coinvolgimento diretto dei salariati. Ma occorre superare la paura, anche legittima, di chi teme ritorsioni per aver difeso gli interessi suoi e dei colleghi. Al contempo è necessario fuoriuscire da una dimensione individuale costruendo percorsi di solidarietà tra salariati con statuti diversi che tendono all’atomizzazione. Tutti aspetti su cui punta molto il progetto interno di Unia Forte, ossia la partecipazione diretta dei militanti, dei lavoratori, nell’attività sindacale.

Pubblicato il

20.01.2013 15:11
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