“Cosa ne penserebbe Rossana?”

Ho avuto l’onore di partecipare alla cerimonia di commemorazione di Rossana Rossanda, tenutasi il 24 settembre scorso a Roma in Piazza Santi Apostoli. Ho ricordato la figura della giornalista e militante comunista morta all’età di 96 anni e gli insegnamenti che da lei ho ricevuto con un breve intervento, che con piacere voglio qui condividere con le lettrici e i lettori di area.

Care compagne e cari compagni,
Care amiche e cari amici,
dopo essere stato in contatto già da diverso tempo con una buona parte del nucleo storico del Manifesto, ho conosciuto Rossana tramite Luciana Castellina e Valentino Parlato. Verso Rossana ho avuto per un lungo periodo di tempo un certo timore reverenziale, che avevo sin allora provato solo visitando nei loro laboratori un paio di straordinari ricercatori, un po’ faustiani e in odore di premio Nobel. Non avevo invece mai vissuto questo sentimento verso personalità del mondo culturale o politico: neanche, tanto per fare un esempio, andando a cena con Gorbaciov. Verso Rossana ho invece provato questo sentimento, anche se lei non faceva veramente nulla per provocarlo, in quanto ha sempre avuto la modestia delle grandi personalità. Con lei ho avuto questo sentimento per l’illuminazione carismatica dei suoi occhi, per la sua capacità analitica e visionaria che ti faceva sentire partecipe della grande storia.


Poi però i nostri rapporti sono diventati molto più affettuosi, a seguito di alcuni avvenimenti esistenziali. Ne ricordo qui due. Assieme abbiamo accompagnato durante le ultime 48 ore della sua vita l’indimenticato Lucio Magri, che si è letteralmente addormentato tra le braccia di Rossana, discutendo con lei sino all’ultimo secondo della sua vita dei problemi della sinistra italiana. Dopo quello che Luciana alcuni giorni fa ha definito il maledetto ictus, Rossana è poi venuta per una riabilitazione di diversi mesi in una clinica vicina a dove abito. Lei allora era molto sola ed anche perciò ci siamo visti molto spesso, talora addirittura a notte fonda e abbiamo discusso per ore, di tutto. Abbiamo parlato degli amici, della famiglia, ma soprattutto di politica, di filosofia, di letteratura e di scienze sociali. Ci siamo subito trovati d’accordo su quello che era il nodo centrale del suo pensiero, secondo il quale gran parte della crisi attuale della sinistra internazionale era da far risalire al fatto che questa non aveva mai voluto fare seriamente i conti con le cause del disastro dell’89. Parecchie volte invece dissentivamo e soprattutto lei, profondamente convinta dell’assioma marxiano che “la libertà del singolo è la condizione per la libertà di tutti”, mi criticava perché ero troppo indulgente verso i compagni cubani, venezuelani e nicaraguensi. E poi tutti sappiamo che Rossana, pur se con molta empatia, non faceva sconti a nessuno. Quando le chiesi se mi faceva una postfazione ad un mio libro, nel quale cercavo di combinare scienza e politica, accettò volentieri, dicendomi però «prima mi fai questo e quell’altro miglioramento nel tuo testo e soprattutto affronti in modo un po’ più approfondito il tema del femminismo».


Loris Campetti ha giustamente scritto in area del 25 settembre scorso: «Con la scomparsa di Rossana si è spenta la stella polare ed ora tutti abbiamo più difficoltà ad orientarci». Questo vale anche per me. Negli anni scorsi mi è capitato spesso di chiedermi, nel formulare un testo o nel prendere una decisione, ma cosa ne direbbe Rossana?


Cara Rossana: mi manchi molto e sono sicuro che finché vivrò mi capiterà ancora spesso di chiedermi “Ma cosa ne penserebbe Rossana?”.

Pubblicato il

08.10.2020 10:55
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