Nicaragua

Negli ultimi anni, l’insufficienza renale cronica è diventata un problema di salute pubblica in Nicaragua (e non solo). Le cause della malattia, che sta mietendo migliaia di vittime, sono ancora ufficialmente sconosciute, anche se in altri paesi esistono studi che dimostrano una correlazione con l’uso di pesticidi.

 

In Nicaragua una malattia renale di origine sconosciuta sta mietendo molte vittime tra gli operai agricoli delle piantagioni di canna da zucchero. Nel paese centroamericano i malati faticano a ottenere giustizia per mancanza di prove scientifiche riguardo alle cause dell’aumento di giovani uomini morti per insufficienza renale cronica negli ultimi tredici anni.


A Chichigalpa, nel nord-ovest del Nicaragua, 70.000 ettari di canna da zucchero (la più grande piantagione del paese) servono alla produzione di zucchero, di etanolo e del famoso rum locale “Flor de Caña”. La piantagione appartiene a Pellas, il più importante gruppo economico del paese. Qui le morti per insufficienza renale cronica sono di molto superiori alla media nazionale e la municipalità ha dovuto acquistare un terreno da trasformare in cimitero per “rispondere alla domanda”, perché il primo era oramai saturo. La media, con due cimiteri, è di 5 funerali al giorno: l’80 per cento degli uomini sepolti lavoravano alla piantagione del gruppo Pellas e sono morti per insufficienza renale cronica. Ai giornalisti di Le Monde, che ha pubblicato un reportage sulla questione lo scorso 25 settembre, un malato spiega che «qui tutti muoiono per la creatinina». La creatinina è una molecola prodotta dall’organismo, che normalmente viene filtrata dai reni e smaltita, ma quando questi non funzionano più a dovere si accumula nel corpo intossicandolo. «Sono già morte almeno novemila persone – prosegue l’uomo – e siamo circa tremila malati, è peggio dell’Aids questa epidemia».


Dai primi anni 2000, nel paese centroamericano ci si è resi conto di un anormale aumento dei decessi per insufficienza renale cronica di uomini fra i 30 e i 50 anni, senza problemi antecedenti di obesità o diabete. Attualmente, a Chichigalpa l’incidenza della malattia è tredici volte superiore alla media nazionale e per i cañeros (coloro che lavorano nelle piantagioni di canna da zucchero), il rischio di ammalarsi è di otto volte superiore rispetto al resto della popolazione. Questo fa pensare che ci sia una relazione tra il lavoro nelle piantagioni e l’insorgere del problema, ma non esistono al momento prove scientifiche che lo dimostrino. Due sono le ipotesi più accreditate: la prima che la causa sia da ricercare nelle condizioni di lavoro pesanti cui sono sottoposti, nella disidratazione cronica e nei colpi di calore; la seconda vede invece come primi responsabili i pesticidi utilizzati nelle piantagioni (vengono utilizzati anche prodotti ritenuti tra i più pericolosi). La prima ipotesi fa infuriare gli operai delle piantagioni, che ritengono invece più plausibile la seconda: «Quando lavoro bevo tra gli otto e i dieci litri d’acqua», spiega ai giornalisti di Le Monde Juan, malato come suo padre e i suoi zii.
Il gruppo Pellas si discolpa affermando che i cañeros non sono i soli ad essere toccati dal fenomeno, infatti anche chi lavora nelle miniere d’oro presenta un’incidenza anormalmente alta di insufficienza renale cronica. A sua difesa cita anche uno studio realizzato dalla scuola per la salute pubblica di Boston che avvalora l’ipotesi della disidratazione e dei colpi di calore come cause principali. Si tratta però di uno studio poco indipendente, visto che è stato parzialmente finanziato da chi ricava guadagno dalle coltivazioni di canna da zucchero: lo stesso gruppo Pellas e la Banca Mondiale, che nel 2006 ha investito 55 milioni di dollari per la modernizzazione della società zuccheriera e continua ad investire nel settore (15 milioni di dollari per la creazione di un migliaio di posti di lavoro).


Il Nicaragua non è l’unico paese colpito da questa “epidemia” d’insufficienza renale, riscontrata anche in altre nazioni del Centroamerica, Messico, Caraibi, India e Sri Lanka. Sono infatti più di ventimila i morti nel mondo per questa malattia negli ultimi 15 anni. In Sri Lanka, dove duecentomila persone (essenzialmente agricoltori) ne soffrono, uno studio dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) è giunto alla conclusione che si tratta di una nefropatia tossica, principalmente legata ad un’esposizione continuata al radio. Agli stessi risultati è giunto pure uno studio condotto in Salvador, e anche l’Organizzazione panamericana della salute (Ops) riconosce nel fattore tossico la principale causa della malattia, pur legandola anche alle durissime condizioni di lavoro: «Le cause sono multiple, ma la principale è il fattore tossico al quale sono sottoposti i lavoratori», ha dichiarato Raúl Herrera Valdés, esperto di nefrologia e assessore dell’Ops a Trinchera de la Noticia.
In Nicaragua invece si fatica a far valere questa ipotesi perché i dati scientifici sono ancora troppo frammentari per smentire ufficialmente lo studio dell’Università di Boston, grazie al quale la più grande piantagione di canna da zucchero del paese può continuare ad utilizzare prodotti altamente tossici, facendo così ammalare sempre più persone.


In aprile di quest’anno è stato compiuto un primo passo verso la ricerca di una soluzione: i ministri della salute del Centroamerica hanno firmato una Dichiarazione per un approccio globale alla malattia nella regione. L’obiettivo è riconoscere il problema e rafforzare la risposta in termini di salute pubblica.
Intanto in Nicaragua la Pellas festeggia un nuovo record di vendite, la Banca Mondiale continua ad investire nel settore e i cañeros ad ammalarsi.

Pubblicato il 

21.11.13

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