La separazione tra le infrastrutture e l’esercizio del trasporto ferroviario, l’intenzione delle Ffs di espandersi in Gran Bretagna, le rivendicazioni salariali e le minacciate soppressioni di posti di lavoro in Ticino, sono i temi che il Sindacato del personale dei trasporti (Sev) affronterà nel suo congresso del 31 maggio e primo giugno a Berna. Con 54 mila aderenti, il Sev è il terzo più grande sindacato svizzero. Esso difende non soltanto i lavoratori delle Ffs, ma anche i dipendenti delle ferrovie private, delle compagnie di navigazione e delle società di trasporti urbani. L’intero settore è stato investito negli ultimi anni da un’ondata di liberismo che mette in pericolo i livelli d’occupazione e la qualità del lavoro, minacciati dalla deregolamentazione e dalla privatizzazione. Davanti a questa situazione, che causa incertezze sia per i lavoratori che per le imprese, il Sev intende reagire. Per 70 anni i collaboratori delle Ffs sono stati considerati funzionari dello stato. Ma, dopo che le Ferrovie federali sono diventate una società per azioni, dall’inizio del 2001 il rapporto di servizio del personale è regolato da una convenzione collettiva di lavoro che gli riconosce anche un diritto di codecisione. Pertanto, sia per combattere contro il pericolo del dumping sociale e salariale, sia per contrastare il deterioramento in materia di sicurezza e correggere le distorsioni della concorrenza nel sistema globale dei trasporti pubblici, il Sev ha deciso di muoversi su due fronti. Da un lato, il sindacato intende concludere convenzioni collettive di lavoro con tutte le imprese nelle quali è presente, allo scopo di stabilirvi il rispetto delle stesse condizioni standard già concordate con le Ffs. In un secondo momento, l’obiettivo dovrebbe essere quello di ottenere un’unica convenzione collettiva per l’insieme del settore dei trasporti pubblici. Dall’altro lato, il Sev non ha deciso d’intervenire apertamente e criticamente a proposito della cosiddetta "seconda riforma delle ferrovie". Quest’ultima, che secondo il Dipartimento federale dei trasporti dovrebbe essere "un piccolo adeguamento" alle esigenze del mercato (tra le quali s’adombra la separazione giuridica tra gestione delle infrastrutture ed esercizio del trasporto), potrebbe invece "significare in realtà la disgregazione delle ferrovie in Svizzera". Ad affermarlo è stato lo stesso presidente del Sev e consigliere agli Stati solettese, il socialista Ernst Leuenberger, nel presentare lunedì scorso ai giornalisti le questioni che maggiormente preoccupano in questo momento i ferrovieri svizzeri. Pietra di paragone per questo giudizio negativo è la situazione di "caos" nella quale sono venute a trovarsi, secondo Leuenberger, le ferrovie britanniche. L’opinione del massimo sindacalista dei ferrovieri è stata confortata dal direttore del "Rail Passengers Committee" (l’organizzazione degli utenti britannici) per l’Inghilterra occidentale, Christopher Irwin. Dopo aver rievocato il grave incidente di Hartfield del 17 ottobre scorso (un deragliamento costato 4 morti e 33 feriti gravi), Irwin ha denunciato l’assenza di coordinamento tra le diverse imprese di trasporto ferroviario e le negligenze in materia di sicurezza nella rete ferroviaria britannica. Secondo Ernst Leuenberger, quindi, il servizio pubblico non può essere garantito che da operatori "integrati" vale a dire da imprese che detengano l’infrastruttura ferroviaria e forniscano nel contempo delle prestazioni di trasporto. Sembra anche incomprensibile, per il sindacato dei ferrovieri, la decisione delle Ffs di investire nell’infrastruttura in Gran Bretagna — fatiscente — per avere migliori probabilità di vedersi assegnato l’esercizio di due linee regionali inglesi. "La direzione non tiene conto della situazione insostenibile venutasi a creare in Inghilterra", ha detto il presidente del sindacato, e dovrebbe piuttosto "investire nel mercato indigeno per sostenere il trasporto di merci". A questo proposito, il Sev è fortemente critico anche verso la nuova strategia di Ffs Cargo, che vuole concentrare entro cinque anni la gestione del traffico merci a Basilea, minacciando la soppressione di 220 posti di lavoro a Chiasso. Negli ultimi anni, la stazione di frontiera con l’Italia ha già perso 490 impieghi; e dal 1992 in tutto il Ticino le soppressioni operate dalle Ffs sono state di 927 posti di lavoro. Ma l’aumento continuo dei trasporti tra Svizzera e Italia dovrebbe invece — secondo il segretario del Sev Martin Allemann — suggerire alle Ffs una strategia diversa. Il Sev chiede quindi "soluzioni innovative" per il Ticino, in particolare per favorire il trasferimento delle merci dal trasporto su strada a quello su ferrovia. Un primo passo è già stato fatto: da giugno le Ffs Cargo si occuperanno della gestione operativa dei treni merci fino al terminal situato a nord di Milano. "I problemi logistici da risolvere sono ancora parecchi", ha detto Allemann, "ma questa è la strada giusta". "In concreto — ha aggiunto Allemann — il Sev chiede che si smetta di sopprimere posti di lavoro in Ticino senza crearne di nuovi dello stesso valore"; e lo sviluppo di una strategia per la quale Ffs Cargo "diventi un partner importante nel traffico merci in Ticino e nel Norditalia". "Questi scopi possono essere raggiunti", ha concluso il segretario del Sev, "se tutti i reparti aziendali cercano, con il personale coinvolto, le soluzioni adeguate. Non si può più far subire un’altra riduzione di posti, né al canton Ticino né alla sua popolazione". Per quanto concerne le rivendicazioni salariali, i 500 delegati del congresso del Sev confermeranno probabilmente le richieste già rese pubbliche: 3 per cento di aumento reale dei salari e 2 per cento di compensazione del rincaro che non era stato accordato dal 1997. Il tutto dovrebbe costare alle Fs circa 150 milioni di franchi.

Pubblicato il 

01.06.01

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