“Il colonialismo nega i diritti umani a uomini che ha sottomesso con la violenza, che mantiene con la forza nella miseria e nell'ignoranza e quindi, come direbbe Marx, in una condizione di "sub-umanità". Nei fatti stessi, nelle istituzioni, nella natura degli scambi e della produzione, è iscritto il razzismo”.
Jean-Paul Sartre, Les Temps modernes, N. 137, 1957.

Per Maurice Papon la carriera di funzionario è incominciata negli anni Quaranta del Novecento. Durante il Governo di Vichy egli è infatti tra i principali responsabili dell’allestimento dei convogli che dalla Francia trasportarono 1.600 ebrei nei campi di concentramento nazisti.


Quasi un decennio dopo la fine della seconda guerra mondiale, il contesto storico è cambiato. È il 1954. Contro ogni aspettativa la guerriglia del Viet Minh sconfigge definitivamente l’esercito regolare. Dei contadini in armi dimostrano al mondo che una potente nazione industrializzata può essere vinta. È la fine della presenza francese in Indocina.


Sempre 1954, stavolta nel Maghreb. Maurice Papon è prefetto regionale a Costantina. Il neocostituito Fronte di Liberazione Nazionale insorge lanciando un appello alla rivolta. È l’inizio della guerra d’indipendenza algerina, uno fra i più brutali conflitti della decolonizzazione. Papon è fra coloro che hanno compreso la lezione vietnamita: la resistenza di un popolo va vinta con mezzi irregolari.


Per combattere il “terrorismo” l’arma più efficace deve essere quella psicologica, e a questo scopo Papon crea i “Centre de renseignement et d’action”, i luoghi segreti in cui agli arresti sommari seguono le sigarette spente sulle braccia, le botte, le scariche elettriche applicate a dita di mani e piedi, i corpi immersi in acqua bollente e, per le donne, gli stupri sistematici.


Nel 1961 è prefetto di polizia, a Parigi. Da qualche anno il FLN ha “portato la guerra a casa”, intensificando le azioni mirate nella madre patria. Papon, il sindacato di polizia e il governo De Gaulle esigono la tolleranza zero. A tutti gli FMA – “Francesi Musulmani di Algeria”– è imposto il coprifuoco fra le 20.30 e le 5.30.
Il 17 ottobre 1961 sta piovendo. 30.000 algerini, uomini, donne e bambini manifestano pacificamente per l’indipendenza nazionale, la fine del razzismo e per la giustizia sociale.
La forza ausiliaria di polizia carica, pesta, apre il fuoco. Arresti, esecuzioni nei commissariati, insabbiamenti.
Complice la censura istituzionalizzata, la storiografia non concorda sul numero esatto dei morti di questo massacro dimenticato, ma nei giorni seguenti decine di cadaveri furono ripescati dalle acque del fiume che attraversa Parigi.


Nel 1961 la Francia della Liberté, Égalité et Fraternité annegava algerini nella Senna e definiva “terrorista” chi, con ogni mezzo necessario, si opponeva al colonizzatore.
Nel 2015 l’Europa dei diritti umani annega migranti nel Mediterraneo e definisce ancora “terrorista” chi, con ogni mezzo necessario, continua ad opporsi al colonizzatore.

Pubblicato il 

22.10.15
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