Coesione sociale in movimento

Non si limita ai soli gradi celsius la differenza tra Lugano e Pomigliano, dove già al mattino presto si superano i venti gradi di questo mercoledì 14 novembre.
Pomigliano D'Arco è il nome per esteso di questa cittadina di 40mila abitanti a nord del Vesuvio, cresciuta particolarmente negli anni 60 in parallelo ai suoi due poli industriali, l'aeronautico e quello automobilistico. Oggi, per il suo significato simbolico e materiale, è diventata suo malgrado la capitale dello scontro capitale-lavoro. In Italia soprattutto, ma vista la dislocazione degli stabilimenti Fiat in Europa e nel mondo, la valenza di questa vertenza locale diventa globale.
E la calda temperatura di questo conflitto è palese fin dall'inizio giornata, quando raggiungiamo i presidi in corso nella sua immensa area industriale. Presidi iniziati alle quattro del mattino per intercettare gli operai del primo turno delle 5.30. La Fiat ha preso le sue contromosse, anticipando di qualche ora l'entrata in fabbrica degli operai. "Entra schiavo, aiuta Marchionne" recitava uno degli striscioni ai cancelli dello stabilimento Avio. Anche i sindacati firmatari dell'accordo con Marchionne hanno voluto marcar presenza, tappezzando le piazze di partenza e arrivo del corteo con manifesti che ricordano i "benefici" avuti dagli accordi firmati. Su quei manifesti è rapidamente comparsa la scritta "servi".
La temperatura della tensione sociale è quindi piuttosto elevata nell'Italia della giornata di mobilitazione europea indetta per la prima volta nella sua storia dalla Centrale europea sindacale (Ces). Uno sciopero al quale in Italia ha aderito la sola Cgil proclamando quattro ore di astensione, mentre Uil e Cisl si sono dissociate.
Ore 10, il corteo inizia a muoversi. A sorreggere lo striscione iniziale "Siamo tutti Pomigliano" sono l'incubo vivente di Marchionne, i 19 operai tesserati Fiom vincitori del ricorso per discriminazione per cui è stata condannata la Fiat.
Terminato l'assedio dei media, li raggiungerà il segretario nazionale della Fiom Maurizio Landini, soffocato da un abbraccio corale dei militanti sindacali in quel che si può definire un bagno di folla. Che in Landini la base si riconosca è indubbio e altrettanto certo appaiono l'affetto e la stima di cui pochi altri leader sindacali possono vantare.
Il corteo, settemila persone secondo la questura, si snoda lungo le case popolari cittadine lungo il viale Alfa Romeo per indirizzarsi verso la piazza centrale. Dietro gli operai Fiat, ci sono gli spezzoni composti da lavoratori di numerose aziende campane, soprattutto legate all'indotto della casa automobilistica torinese. Seguono i manifestanti legati ai partiti (Rifondazione, Sel e Pd), in verità poco numerosi. Tra loro, s'intravede anche qualche leader politico come Paolo Ferrero (Rifondazione), Nichi Vendola (Sel), Antonio Di Pietro (Idv) e Stefano Fassina del Pd. Ma per loro, più che di bagni di folla è più appropriato parlare di bagni di telecamere.
In coda al corteo, ci sono i docenti precari e la grande fiumana di studenti delle scuole medie. «Dalla Fiat alla scuola statale, sciopero, sciopero generale!» cantano in coro. Stando ai dati di Cgil Campania, nella regione il tasso di disoccupazione giovanile supera il 45 per cento.
«Per il nostro futuro è meglio che ci diamo una mossa. Finché siamo in tempo» risponde Enza, studentessa, quando le chiediamo il senso della presenza di giovani studenti affianco dei lavoratori Fiat iscritti al sindacato dei metalmeccanici della Cgil. E aggiunge: «La Fiom è rimasta l'unica ancora di salvezza in questo paese».
Il binomio studenti e operai sindacalizzati non è insolito, ma nemmeno scontato. La Fiom, ci spiega Michele de Palma coordinatore nazionale Fiat auto di Fiom Cgil, è riuscita a superare i confini sindacali aprendosi alla società. «O c'è un processo di riunificazione in una vertenza per cui siamo tutti precari o non ne usciamo. Non c'è nessuna differenza tra Ciro, operaio licenziato dalla Fiat e un giovane precario che lavora al nero in un bar a Pomigliano. Gli uni senza gli altri non vanno da nessuna parte».
Anche nel discorso dal palco, Maurizio Landini ha voluto ringraziare gli studenti per la loro presenza massiccia, ricordando la necessità di unire le lotte: «Oggi la difesa del lavoro va di pari passo con la difesa della conoscenza e del sapere. Nelle scuole e università non dobbiamo far studiare ai futuri ingegneri come si tagliano le pause sulle linee di montaggio. Dobbiamo farli studiare su come costruire nuovi modelli, che inquinino meno, e più in generale, su come si progetta un nuovo modello di sviluppo sociale e economico».

Unia sfila in corteo a fianco della Fiom

Enrico Borelli, segretario regionale di Unia Ticino, ha raccolto l'invito dei militanti Fiom a partecipare alla giornata di mobilitazione europea da Pomigliano. Borelli, quale giudizio di questa giornata a Pomigliano?
Oggi portiamo a casa degli insegnamenti importanti. La Fiom costituisce un esempio di costruzione di coesione sociale che contrasti le politiche distruttive in atto in Europa. In questo corteo colpiva non solo la presenza massiccia di lavoratori e precari, ma l'impressionante mobilitazione studentesca organizzata. È singolare che questo compito venga assunto dalla Fiom, che non è un partito e non vuole esserlo, e per di più isolata dalle altre organizzazioni sindacali. Ciò però dimostra che quando un sindacato ha una bussola chiara, è in grado di parlare all'intera società.
Come mai proprio lei è venuto proprio a Pomigliano?
Da qualche anno con i sindacalisti della Fiom attivi a Pomigliano e di Unia Ticino si è costruito un interessante scambio di esperienze in cui si sono socializzate le lotte diverse e al tempo stesso comuni. Lo stesso è avvenuto con i compagni di Casale Monferrato, artefici di una lotta per la verità e giustizia sulla Eternit. Un rapporto sfociato anche su rapporti personali intensi, perché l'internazionale dei lavoratori è fatta anche di questo.
Allarghiamo ora gli orizzonti: il significato di questa mobilitazione nel continente indetta dalla Confederazione europea sindacale?
Una giornata storica perché per la prima volta vi è stata una mobilitazione di resistenza in una logica transnazionale a cui hanno aderito migliaia e migliaia di persone. È l'unica risposta possibile nel contesto globale con un padronato che divide operai polacchi contro operai serbi, operai serbi contro quelli italiani. C'è però un elemento di debolezza, l'assenza del nord europa, della Germania in particolare. In quest'ottica, il movimento sindacale svizzero potrebbe giocare un ruolo di cerniera per arrivare a una completa europeizzazione delle lotte.

Pubblicato il

23.11.2012 02:30
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