Cinque anni fa la prima pietra

Sono esattamente cinque anni che i lavoratori dell'edilizia possono andare in pensione anticipata. Il primo bilancio che si può trarre mostra che questo modello di pensionamento flessibile ha avuto successo. La sua introduzione è una pietra miliare nella storia del sindacalismo in Svizzera, alla pari della prima settimana di ferie pagate nel 1945, o la settimana lavorativa di 5 giorni nel 1960. È una di quelle conquiste sociali fondamentali che lasciano il segno: immette un po' di equità in un lavoro duro e logorante, stabilisce un punto fermo nella lotta allo smantellamento sociale, conferma lo stretto legame tra la forza del sindacato ed i progressi della politica sociale.

Questo successo dimostra – dice Hansueli Scheidegger, membro della direzione di Unia e responsabile del settore edilizia del sindacato che «è ancora possibile ottenere in questo Paese un importante progresso sociopolitico dopo anni di immobilismo», e che «nuove conquiste sono possibili anche in Svizzera, purché vi sia una volontà collettiva e la disponibilità dei lavoratori a lottare uniti».
Negli anni Novanta, quando ha avuto inizio la lunga lotta per rivendicare il pensionamento flessibile, gli operai edili non avevano bisogno di studi scientifici per sapere che, dopo 40 anni passati sui cantieri o superati i 60 anni d'età, le loro prospettive di sopravvivenza in buone condizioni si riducono in modo impressionante. Ma è stato proprio uno studio dell'Ispettorato del lavoro di Ginevra a fare nel 2000 una rivelazione scioccante: il 43 per cento degli operai edili erano invalidi all'età legale del pensionamento, 65 anni, oppure non ci arrivavano affatto. Quello studio «ha avuto l'effetto di una bomba», dice Scheidegger, e finalmente l'opinione pubblica prendeva coscienza di quello che gli operai sapevano da tempo.
Nessuna sorpresa, quindi, se nel 2001 il pensionamento flessibile è diventato la rivendicazione principale nel negoziato per il rinnovo del contratto di lavoro dell'edilizia. Ne è seguita una campagna esemplare per più giustizia sociale. I datori di lavoro non erano evidentemente pronti a cedere facilmente, anche se alcuni di loro (non avendo argomenti validi contro «questa diseguaglianza sociale davanti alla morte e all'invalidità», ha sottolineato Scheidegger) si rendevano conto che "occorreva fare qualcosa".
Il lunghissimo braccio di ferro è durato per un anno e mezzo, culminando con la giornata di protesta del 4 novembre 2002, primo sciopero nazionale dell'edilizia in 50 anni. Per il blocco della galleria del Baregg attuato quel giorno, sono stati processati nel 2006 i dirigenti sindacali Vasco Pedrina, Hansueli Scheidegger, Rita Schiavi e Michael von Felten.
«La lotta degli edili ha dimostrato», dice oggi Scheidegger, «che dopo decenni di relativa pace del lavoro in Svizzera, i lavoratori pronti a battersi uniti possono far prevalere legittime rivendicazioni e progresso sociale contro una resistenza padronale accanita». Questo insegnamento, ha ricordato ancora il sindacalista, è tornato utile agli stessi edili nella difesa del loro contratto di lavoro mantello, o ai dipendenti delle Officine Ffs Cargo di Bellinzona.
La reale proporzione del bisogno di pensionamento flessibile è dimostrata dalla cifre. La previsione era che circa l'80 per cento degli operai aventi diritto avrebbe utilizzato la possibilità del pensionamento anticipato. In realtà praticamente tutti gli aventi diritto ne hanno fatto richiesta. Nel 2006, per esempio, sono stati l'83,2 per cento dei sessantenni, l'11,3 dei 61enni, il 3,3 dei 62enni, l'1,4 dei 63enni e lo 0,8 per cento dei 64enni. Dal 1° luglio 2003 sono ormai 5'853 gli edili che hanno fatto ricorso alla rendita-ponte del pensionamento anticipato. Nel frattempo, 2'267 di loro sono arrivati alla pensione ordinaria Avs, mentre altri 3'573 continuano a percepire una rendita-ponte di 4'400 franchi in media.
Evidentemente, quasi nessuno se la sente di continuare a lavorare nell'edilizia dopo i 60 anni, nonostante la diminuzione di reddito.
In cinque anni, la Fondazione Far, che gestisce il pensionamento flessibile nell'edilizia, ha incassato 1,12 miliardi di franchi di contributi (in percentuale sui salari: 4,3 per cento a carico del datore di lavoro, 1,3 per cento a carico degli operai) ed ha versato 549 milioni di franchi di rendite. Ne risulta un patrimonio attuale di circa 600 milioni di franchi. Per Hansueli Scheidegger «tutte queste cifre dimostrano che la Fondazione Far è un'istituzione sociale importante, ormai irrinunciabile per i lavoratori edili. A confronto dell'Avs e contrariamente ad ogni altra soluzione di cassa pensioni, la Fondazione Far è efficace grazie al finanziamento mediante procedura di ripartizione applicata, con costi molto contenuti».

Un modello da imitare

Un contributo al superamento della dipendenza dalla "giusta" età del pensionamento in Svizzera. È così che il giurista Stefan Keller ha sottotitolato il suo ponderoso lavoro di ricerca sulla realizzazione del pensionamento flessibile nell'edilizia. In effetti, la questione dell'età per ritirarsi dalla vita attiva è più che mai d'attualità. Già oggi il 15 per cento di chi ha 60 anni, il 24 di chi ne ha 61, il 36 di chi ne ha 62, il 54 dei 63enni e il 48 per cento di chi ha 64 anni decide di andare in pensione.
Ora, è da anni che si cerca di adattare il limite rigido dell'età pensionabile (65 per gli uomini, 64 per le donne) ai differenti percorsi di vita delle persone. Dirigenti d'imprese e professori universitari hanno evidentemente esigenze diverse, in fatto di pensionamento, rispetto a quelle di una commessa o di un operaio. Il problema risiede nel fatto – constata Keller – che solo le persone che non ne hanno urgente bisogno per ragioni di salute possono permettersi un pensionamento anticipato e modulato. Mentre persone che esercitano lavori "usuranti" devono spesso aspettare fino a 65anni, o ritrovarsi precocemente invalidi o disoccupati perché non sono più in grado di soddisfare le esigenze del loro lavoro.
«Il modello di pensionamento flessibile introdotto nell'edilizia (fatto che può essere definito storico) reca una risposta pertinente a questo problema», sottolinea Keller. «Esso costituisce una risposta all'incapacità dei politici di trovare una soluzione adeguata». Che nell'edilizia si svolga un lavoro pesante che logora le persone ben prima che raggiungano i 65 anni, è risaputo. E spesso queste persone vengono scaricate sull'assicurazione invalidità o disoccupazione. Questa è "una situazione indegna", che ha portato danno all'immagine dei mestieri praticati nell'edilizia e che si è tradotta in una penuria di manodopera in questo settore negli anni di alta congiuntura. Solo nel 2003, dopo 15 anni di lotte, il pensionamento flessibile nell'edilizia ha posto fine a questa situazione.
Ma date le sue particolari caratteristiche di finanziamento (interamente privato e senza sovvenzioni statali), il modello realizzato nell'edilizia non può essere applicato pari pari negli altri rami economici. In molti settori, a livello nazionale o di sola Svizzera tedesca, i sindacati hanno cercato senza successo di trovare soluzioni simili. Tuttavia sembra corretto l'approccio consistente nel prendere in considerazione il logoramento della salute imputabile all'attività professionale: un astratto testo di legge non potrebbe rispondere ai bisogni individuali. Se ne può quindi dedurre che la soluzione trovata nell'edilizia non è un rimedio universale, ma certamente un modello da imitare, poiché ha mostrato che le soluzioni settoriali possono funzionare.

Uguaglianza sulla flessibilità

L'iniziativa popolare "per un'età di pensionamento flessibile", lanciata dai sindacati nel 2005, non riguarda un solo settore, ma tutti i salariati e l'insieme della popolazione. Ed è anche la conseguenza dell'introduzione del pensionamento anticipato nell'edilizia. L'età di pensionamento è già flessibile verso l'alto: in effetti chi arriva a 65 anni avendo ancora un impiego ben pagato e godendo ancora di buona salute, può ritardare il proprio pensionamento e migliorare la propria rendita Avs. La flessibilità verso il basso invece non esiste ancora, malgrado tutte le promesse fatte in tal senso. O meglio: c'è, ma non a condizioni accettabili per chi ne ha maggiormente bisogno. Con l'eccezione di qualche soluzione settoriale, come nel caso dell'edilizia, il diritto al pensionamento anticipato rimane un privilegio di chi guadagna meglio. Sull'iniziativa, il popolo dovrà esprimersi il 30 novembre di quest'anno.
«Questa situazione deve cambiare», afferma il presidente dell'Unione sindacale svizzera (Uss), Paul Rechsteiner. La possibilità di potersi ritirare prima è un bisogno diffuso, non soltanto nei rami artigianali nei quali si fa un lavoro pesante e dove una soluzione non è ancora stata trovata. «Nel settore delle cure, nella vendita, nel ramo alberghiero e della ristorazione, per non citare che qualche esempio», puntualizza Rechsteiner, «donne e uomini compiono un lavoro pesante e logorante, che spesso li porta a dover abbandonare loro malgrado la vita attiva prima dell'età ordinaria del pensionamento. Di qui l'urgenza di dare a tutte queste persone la possibilità del pensionamento anticipato. Ma senza una soluzione nell'ambito dell'Avs, per loro non c'è alcuna prospettiva di conseguire questo obiettivo. Solo l'età di pensionamento flessibile nell'Avs garantisce a tutti i lavoratori il diritto al pensionamento anticipato».
Secondo Rechsteiner, l'iniziativa dei sindacati propone una soluzione «molto semplice, pratica e dignitosa». Chi ha tra i 62 e i 65 anni, è in buona salute ed ha un lavoro correttamente pagato, dovrebbe poter  continuare a lavorare. Chi invece alla stessa età  volesse smettere parzialmente o totalmente, dovrebbe anche poterlo fare. Ciascuno, quindi, potrebbe prendere autonomamente una decisione che non ha nulla di umiliante e che non necessita della preventiva autorizzazione delle autorità. «Fino a un reddito pari a quello di un conducente di locomotive, il pensionamento anticipato non dovrebbe ridurre la rendita Avs. E invece le riduzioni attuali in caso di percepimento anticipato dell'Avs, per la maggior parte delle persone con redditi bassi e medi non sono realistiche».
Il pensionamento anticipato nell'Avs è inoltre importante per due aspetti. Da un lato contribuisce a mantenere quelle soluzioni di pensionamento anticipato, messe di recente sotto pressione, introdotte in alcune casse pensioni, dal momento che queste non dovranno più finanziare le rendite-ponte dell'Avs. D'altra parte, la componente di solidarietà nel finanziamento, cioè l'obbligo di contribuzione anche per i redditi alti, fa sì che il pensionamento anticipato Avs gravi su un reddito medio per circa 6.50 franchi al mese e sia quindi facilmente finanziabile.
«Il successo della lotta sindacale per il pensionamento anticipato nell'edilizia indicato la direzione», afferma Rechsteiner. «Ora si tratta di riuscire ad affermare il pensionamento flessibile nell'Avs, nell'interesse dei salariati e dell'intera popolazione. Come nell'edilizia, questo è un obiettivo realistico e raggiungibile". Il 30 novembre i cittadini elvetici dovranno esprimersi sull'iniziativa.


Pubblicato il

04.07.2008 01:00
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