Chiedono soldi per il permesso

Ecco come operano alcuni sciacalli che offrono lavori inesistenti in Svizzera

Allettano le loro prede con contratti di lavoro in Svizzera, dopo averle adescate con offerte di lavoro pubblicate in Internet. Tutto procede bene, fino all’ultima richiesta di versamento dei soldi per «il disbrigo delle pratiche del permesso di dimora».

Residente nel Nord Italia, tipografo da tre anni con contratto di solidarietà a zero ore. Ciò equivale a campare con pochi, pochissimi soldi. Una situazione talmente insostenibile da esser disposto a emigrare in un paese con lingua e cultura diversa per fare il lavapiatti. A cinquant’anni superati da un pezzo. «Vista la situazione, sarei pronto, perché costretto, a seguire le orme di mio padre – racconta Mauro –. Finita la guerra emigrò in Svizzera, poi in Francia e infine Germania. In quest’ultimo paese sono nato e ho vissuto fino all’età di sei anni. Fino a quando mio padre decise che c’erano le condizioni per rientrare a casa, in Italia, perché finalmente il lavoro si trovava». Cinquant’anni dopo, la mancanza di lavoro lo potrebbe costringere ad abbandonare il suo paese. «La difficoltà sta nell’età. Di lavoro in Italia ce n’è poco, ancor meno per chi supera i cinquant’anni. Mi sono dunque iscritto a tre siti online dove pubblicano offerte di lavoro all’estero». Tra queste, sul portale Indeed, trova l’offerta di lavoro quale lavapiatti a Baden. Salario proposto, 3.800 franchi, leggermente di più di quanto previsto dal Ccnl dell’alberghiero, obbligatorio per legge. Non solo, l’azienda provvede anche al vitto e alloggio. Allettante, soprattutto per chi si trova in stato di bisogno, disposto a lasciare la propria terra e i propri cari perché senza scelta.
Disperato ma non sprovveduto. Quando arriva la conferma dell’assunzione, con tanto di contratto allegato, manca un’unica cosa per concludere l’assunzione: il versamento di 80 euro per il permesso di dimora in Svizzera.
Mauro s’insospettisce quando legge che i soldi devono essere versati tramite la Western Union al signor Russo Giovanni di Luino, incaricato di depositare le pratiche agli uffici competenti svizzeri. Mauro ha la prontezza di scrivere una mail al sindacato Unia prima di versare gli 80 euro, chiedendo se la pratica sia corretta. Purtroppo no, è la risposta. Dopo una rapida verifica, il sindacato lo informa che Altenburg Immo Ag, la presunta ditta che l’avrebbe assunto quale lavapiatti è in liquidazione da un paio d’anni. Nemmeno il loro indirizzo a Ginevra indicato nel contratto corrisponde al vero. Nessuna ditta con quel nome risiede a quel numero civico. Il contatto telefonico, al numero 077 913 80 46, suona libero ma nessuno risponde. Inutile aggiungere che nemmeno Giovanni Angelo Russo risponda al numero indicato.
A illuminarci sul grado di organizzazione di questa impresa è il numero di fax. Componendo il numero svizzero, con prefisso di Ginevra, si viene deviati su un numero del Turkmenistan. Telefonando alle informazioni telefoniche, spiegano che quel fax corrisponde a un numero interno di una società zurighese, la J2 Global Ireland. A registro di commercio svizzero nessuna impresa è registrata con quel nome. E se componi il numero normale della società zurighese, ti ritrovi nuovamente in Turkmenistan. Per carità nei confronti dei poveri lettori, ci fermiamo qui con i giri di telefonate.
Purtroppo non finisce qui invece con le truffe sui permessi.
Marco, un operaio iscritto a Unia vede sul medesimo portale Indeed un’interessante offerta di lavoro nel campo edile in Svizzera tedesca. A far dubitare l’operaio della bontà dell’operazione, il poco fantasioso nome dell’azienda attiva nell’edilizia, tale Impresa di costruzione Ag di Zurigo.
Da una rapida ricerca sulle pagine bianche elvetiche, Marco capisce che la ditta non esiste e segnala l’annuncio a una sindacalista. Anche in questo caso si chiede il versamento di 77 euro per le pratiche di permesso da versare a tale Orio Guido Protti di Lecco, che ovviamente non risponde al telefono. Il numero elvetico del fax della fantomatica Impresa di costruzione Ag invece funziona correttamente. Vi è però una curiosa coincidenza tra la prima truffa e la seconda. L’indirizzo zurighese dell’impresa di costruzioni corrisponde a quello della prima truffa, la J2 Global Ireland.
Ricapitolando, abbiamo un gruppo criminale che elabora offerte e contratti di lavoro per ditte elvetiche in liquidazione o inesistenti, fornendo numeri di telefono svizzeri funzionanti, che in un caso rinviano in Turkmenistan. Un’organizzazione ben strutturata finalizzata a spillare soldi a chi vive già in difficoltà economica. Degli sciacalli, insomma.
La polizia cantonale ha già un’idea di chi possa nascondersi dietro questi raggiri. Fabio Tasso, commissario capo responsabile della sezione reati economico-finanziari della polizia cantonale, spiega: «Molto probabilmente non sono dediti unicamente a questa tipologia di truffe. Utilizzano una struttura organizzativa già collaudata in altri raggiri e ora hanno deciso di estendere il loro campo d’attività truffaldina nel campo dei permessi». Un nuovo filone, insomma.
Forse poco redditizio viste le cifre in gioco, ma a rischio quasi zero. Affinché la Procura elvetica indaghi, è necessaria la deposizione di una denuncia. Poiché le vittime sono residenti in Italia, la denuncia andrebbe inoltrata in Italia. Seguirebbe poi la trafila per attivare l’inchiesta in Svizzera. Vi è poi il problema di identificare il proprietario del numero di telefono.  «I subaffitti delle linee telefoniche sono una sconceria legalizzata – spiega il commissario capo Tasso – che complica non poco le nostre indagini». Oltre che ben organizzati, questi approfittatori sono anche praticamente certi di farla franca perché nessuno indagherà su di loro.
Neanche seguire il filo del numero telefonico porta dei risultati. Il proprietario del numero svizzero non figura nell’elenco. Eppure quel numero a qualcuno sarà intestato e pagherà per quella connessione.  Abbiamo contattato Mauro Feller, portavoce di Swisscom per sapere se loro possono attivarsi. «Possiamo farlo solo in base a una denuncia. Non è poi detto che il numero, sebbene appaia uno dei nostri, sia gestito da Swisscom. Per l’utente esiste la possibilità di affidarsi a un altro gestore pur mantenendo il numero da noi inizialmente dato. Contrariamente a quanto spesso si crede, gli operatori telefonici attivi in Svizzera non sono i due o tre grandi gruppi, bensì sono duecento».
In conclusione, questi truffatori hanno la certezza di poter continuare ad agire nell’ombra, rubando soldi a chi già vive in condizioni economiche difficili. L’unica soluzione sta nel fiuto della possibile preda. Prima di versare dei soldi, meglio spendere qualche minuto facendo delle verifiche supplementari.

Pubblicato il

01.04.2015 21:27
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