Cercasi case disperatamente

Chi attualmente, volendo prendere in affitto a Zurigo un appartamento di 3 stanze, fosse disposto a sborsare tra 1’500 e 2 mila franchi al mese, dovrebbe ugualmente fare i conti con almeno un’ottantina di concorrenti. Questo dato illustra efficacemente la situazione del mercato immobiliare in Svizzera, che è in crisi soprattutto nei grandi centri urbani. Da Ginevra a San Gallo le statistiche federali mostrano una disponibilità di appartamenti liberi inferiore all’uno per cento: il più basso livello toccato da dieci anni a questa parte. Le tensioni sul mercato immobiliare emergono in modo particolare a Zurigo, dove il 1° giugno, data di riferimento della statistica in questo settore, le abitazioni libere messe sul mercato erano appena lo 0,08 per cento del totale. Un anno prima erano ancor meno: lo 0,04 per cento. La situazione, insomma, è tornata a farsi precaria come negli anni Ottanta, ai tempi della grande penuria di abitazioni, quando tale quota, per esempio negli anni dal 1986 al 1990, variava tra lo 0,07 e lo 0,03 per cento. Eppure il numero di nuove unità abitative costruite attualmente è superiore a quello di chi vuole venire a stabilirsi sulle rive della Limmat. Per capirne il perché, occorre considerare molti fattori diversi. Il rapporto migliore tra domanda e offerta è stato raggiunto nel 1997, dopo la profonda recessione attraversata dall’edilizia nella prima metà degli anni Novanta. Quell’anno la media nella città di Zurigo era di 1’364 appartamenti vuoti, ossia lo 0,74 per cento del totale: la più alta percentuale di abitazioni disponibili dalla seconda guerra mondiale. Le agenzie immobiliari potevano contare su una una buona riserva ed i loro clienti potevano scegliere tra diversi tipi di appartamento. Ma in pochi anni la situazione è radicalmente mutata. All’inizio di giugno di quest’anno c’erano appena 163 appartamenti vuoti in tutta la città di Zurigo. E non c’è da meravigliarsi che a volte in certi quartieri non se ne trovi neppure uno. Soprattutto mancano quelli di media grandezza (3-4 stanze), mentre i piccoli (1-2 camere) o non rispondono per qualità alle esigenze medie del mercato, o sono di lusso e costano moltissimo. A cambiare più frequentemente inquilino o proprietario sono invece gli appartamenti costruiti tra il 1991 e il 2000 (quindi, con alto standard di qualità), ma di appena 2 stanze, benché pochissimi di essi rimangano a lungo sfitti. Anche gli appartamenti grandi (5-6 stanze e oltre) sono più spesso tra quelli disponibili. Non però a causa di una scarsa domanda, ma soprattutto per il loro prezzo particolarmente elevato: un 5 stanze a Zurigo costa mediamente sui 4 mila franchi mensili; per un 6 stanze ce ne vogliono sui 5 mila. Eppure, proprio questo tipo di appartamenti è quello che rimane vuoto meno a lungo: solo l’11 per cento resta in attesa di nuovi inquilini per più di tre mesi. È questa forte tensione del mercato, in effetti, ad essere all’origine della crescita dei prezzi: negli ultimi anni gli appartamenti vuoti sono diventati mediamente più cari del 21,5 per cento. In un momento di stagnazione dell’economia come quello attuale, la nuova grande crisi da penuria di abitazioni è per molti versi sorprendente. Di regola, in tempi economicamente difficili la gente tende a contenere le spese ed a limitare i traslochi facili. Questa volta, invece, la domanda di abitazioni continua a salire. Gli esperti danno a tale fenomeno diverse spiegazioni. La prima è che la popolazione ha ripreso a crescere. A livello svizzero – calcolano gli analisti del mercato immobiliare – tra il 2001 e il 2002 il saldo demografico attivo è stato di circa 50 mila persone (per un fabbisogno di 25 mila abitazioni), cioè intorno allo 0,8 per cento: un dato superiore alla media pluriennale di lungo termine, soprattutto a causa dell’immigrazione che ha fatto seguito con un certo ritardo al breve boom economico del 2000. A Zurigo, per esempio, tra il 1999 e il 2000 i residenti erano aumentati appena di 276 unità, mentre le nuove abitazioni sorte nello stesso tempo erano state 696. Tra il 2001 e il 2002, invece, gli zurighesi sono cresciuti di 2 mila 516 persone; mentre nel 2000, anno di vero boom edilizio, gli appartamenti nuovi costruiti in città erano stati di appena 1’465 unità. Attualmente la popolazione zurighese supera i 364 mila 500 abitanti, mentre il numero totale di abitazioni in città è di 203 mila 750 unità. La seconda spiegazione è la crescente richiesta di superficie abitativa per ogni persona. Se nel 1990 bastavano 39 m2 a testa, nel 2000 la domanda era salita a 44 m2 a persona. Attualmente vengono offerti appartamenti monolocali fino a 75 m2, destinati a persone “single”. Questo tipo d’abitazione diventa sempre più popolare e costituisce il 36 per cento dell’offerta totale. Sempre più spesso – annotano all’Ufficio federale dell’alloggio – le coppie di conviventi mantengono due abitazioni separate. E quando litigano (o si separano) ognuno sta a casa sua. C’è poi un ritorno di moda dell’abitare in città, dopo gli anni di “fuga nel verde”. Gli esperti calcolano che almeno il 5 per cento degli appartamenti a Zurigo venga “assorbito” da questo genere di pendolari. Tale fenomeno è tuttavia ampiamente determinato dall’esigenza di una maggiore mobilità professionale imposta dal mercato del lavoro: le più varie opportunità di trovare un’occupazione, che in gran parte emergono grazie ai contatti sociali, non fioriscono certo in periferia. Importanti sono stati anche gli effetti dello sgonfiamento della bolla speculativa creatasi in borsa negli anni Novanta. Tra il 2000 e il 2001, molti investitori si sono buttati sul mercato immobiliare, ma puntando soprattutto sugli edifici destinati ad usi commerciali (uffici, ecc.) piuttosto che sulle abitazioni. La conseguenza è stata un eccesso di offerta, che, abbinato alla riduzione di personale di molte ditte e dello spazio da queste occupato, nella sola città di Zurigo ha più che triplicato in un anno le superfici sfitte per uffici. Vi sono infine altri comportamenti significativi che rendono teso il mercato immobiliare. C’è l’orientamento dei piccoli investitori verso l’appartamento di proprietà, che stimola la suddivisione in proprietà condominiali di edifici di abitazioni in affitto. C’è la ricerca di rendimenti iniziali più alti da parte di proprietari tradizionali, come le compagnie d’assicurazioni, che spinge verso l’alto il prezzo d’affitto di un appartamento rimasto libero. E c’è l’attesa di chiarezza circa il trattamento fiscale dei proprietari d’immobili: finché la legge sugli affitti non sarà definitivamente approvata, gli investitori sono indotti a rinviare la costruzione di nuove abitazioni. Per concludere, non va inoltre dimenticato che in qualche modo “il serpente si morde la coda”. L’elevato livello della domanda consente infatti ai proprietari d’imporre con estrema facilità gli aumenti degli affitti da loro pretesi, il che tiene alti i rendimenti e non invoglia molto ad allargare più di tanto l’offerta. Ed un’offerta contenuta è indispensabile per tenere elevata la domanda. Regola numero uno: giù dal letto prima degli altri e telefonare a raffica. Ma prima è fondamentale, evidentemente, ottenere la lista degli appartamenti in affitto, una rarità a Ginevra, dove le statistiche conteggiano in tutto e per tutto 355 alloggi (1) a fronte delle oltre mille persone che ogni giorno spulciano gli annunci immobiliari. E ogni mese che passa diventa sempre più striminzito l’ambito elenco degli affitti, mentre aumentano i candidati. A Ginevra, da un anno all’altro, la popolazione cresce di circa 5 mila unità, e gli alloggi diminuiscono del 30 per cento. Se continua così il cantone sarà ben presto dichiarato “zona rossa”. Pochi alloggi, molti aspiranti inquilini: la chiave, dicono, è la rapidità, la “vitesse” d’esecuzione. Chiamate a raffica, dunque, con un unico scopo: visitare il maggior numero di appartamenti. Obiettivo: due vani (compresa la cucina), minimo 40 m2. L’elenco degli affitti disponibili ne recensisce una ventina in tutto. Ma i prezzi variano da 800 a 1’500 franchi. Meno non c’è quasi nulla, appena un monolocale di 20 m2. Gambe in spalla. Prima visita: l’appartamentino è stretto e scomodo. Nel vano principale ci stanno un letto e un tavolo, ma non c’è posto per un divano, anche piccolo. A meno che non si rinunci al tavolo. Soluzione: «Ma non ha un divano letto?», suggerisce la portinaia. Seconda visita: peggio della prima. Terza visita: ci siamo. Luminoso, ben rifinito. Il quartiere si chiama Florissant: è chic, signorile, e si capisce che occorrerà mettere una grossa mano al portafoglio. L’impiegata avverte: fanno 1’500 franchi al mese. Superficie: circa 30 m2. Un buco, ma c’è il balcone che dà sul parco. Quarta, quinta, sesta, decima, ... ventinovesima visita. Due vani, era l’obiettivo iniziale. Ma si visitano ormai anche i tre vani, una decina, per disperazione: tutti piccoli e cari, anzi carissimi (si arriva anche oltre 2 mila franchi). Gli amici che hanno già vissuto l’odissea degli affitti consigliano: deporre domanda per tutti gli appartamenti, qualcosa dovrà pur restare in mano. Niente da fare: ventinove domande, ventinove rifiuti. «L’appartamento è stato attribuito a un altro candidato». Eppure il profilo del richiedente è solido: stipendio di oltre 5 mila 500 franchi, residente nel cantone da 15 anni, nessun problema con la giustizia (leggi: fedina penale illibata), né tantomeno con i creditori e il fisco. Ma questi requisiti a nulla valgono, a quanto sembra, nella giungla degli affitti. Perché non rivolgersi ad un’agenzia immobiliare specializzata nelle ricerche?, suggerisce il solito amico. Un’agenzia specializzata nelle ricerche? Vediamo. «Aprire un fascicolo costa 460 franchi, da pagare immediatamente», dice un’impiegata. Lo stesso prezzo è richiesto dai concorrenti. Strano, le tariffe dovrebbero essere diverse. «Ma il risultato è certo: è cioè sicuro che, dopo aver sborsato circa un decimo dello stipendio, si otterrà infine il sospirato giaciglio?», si domanda ingenuamente. «Certamente. Siamo in contatto diretto con i proprietari e le agenzie, e abbiamo visione degli annunci sulla stampa prima ancora che vengano a conoscenza dei lettori». Interessante. «Cioè se non si passa dalle agenzie specializzate nella ricerca è allora impossibile trovare un alloggio», si domanda nuovamente, questa volta con un malcelato falso candore. «Diciamo pure che è molto difficile». Ventinove visite per nulla. Ventinove spostamenti, per un fico secco. Con il bus, o il tram, a piedi, sotto la pioggia, saltando il pranzo, chilometri percorsi invano e tempo perso. Che rabbia. Si faceva prima a pagare e stare in panciolle a casa, aspettando la sospiratissima chiamata: «Le abbiamo trovato un alloggio. Passi a firmare il contratto d’affitto». Ma se non si vuole pagare il dazio (di 460 franchi) resta allora da mettere in atto il piano B: il subaffitto. Con la crisi che imperversa è un’alternativa che, con gli “squat” (occupazione illecita di appartamenti vuoti), può condurre a buon porto chi cerca un tetto, illustra mirabilmente Carlo Sommaruga, avvocato dell’Asloca (associazione svizzera degli inquilini) ginevrina, e neoeletto consigliere nazionale nelle liste del partito socialista. Proviamo. La notizia circola al lavoro. «Si cerca un due vani in subaffitto. Prezzo: non oltre i 900 franchi, superficie: 50 m2». L’indomani arriva la risposta di una collega: c’è il mio ragazzo che cerca un subaffittuario. Bingo. Al primo colpo. (1) I numeri dell’Ufficio cantonale della statistica fotografano la situazione al 1° giugno 2003.

Pubblicato il

21.11.2003 01:00
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