Braccio di ferro per il rinnovo del Ccl

L’«autunno caldo» dei sindacati è già cominciato. Non soltanto per la svolta nella politica salariale annunciata a metà agosto dall’Unione sindacale svizzera, che chiede aumenti generali delle retribuzioni reali e l’eliminazione dei redditi inferiori ai 3 mila franchi mensili. Ma soprattutto nel settore dell’edilizia, dove quest’anno è in programma la revisione totale della convenzione nazionale. I negoziati, già aperti, hanno fatto registrare un primo, e forse scontato, irrigidimento dei padroni. Il secondo incontro tra le due delegazioni, quella sindacale e quella padronale, incaricate delle trattative, era in programma già martedì 11 settembre. Poco prima di questa data abbiamo raccolto con la seguente breve intervista le valutazioni di Hansueli Scheidegger, segretario centrale del Sindacato edilizia e industria (Sei). A che punto sono le trattative con la Società svizzera degli impresari costruttori (Ssic)? I negoziati hanno preso avvio il 16 agosto, con una prima tornata di piena trattativa. In calendario ci sono per quest’anno altre 6 sedute negoziali. Comprensibilmente, risultati ancora non ce ne sono, eccetto il fatto che la Ssic ha respinto come eccessive le nostre rivendicazioni. Ma questo non è niente di nuovo… La Ssic afferma che le «esagerate» richieste sindacali causerebbero maggiori costi mensili nell’ordine di grandezza che va dai 600 franchi agli 800 franchi mensili per lavoratore. Come si arriverebbe a tali maggiori costi? Padroni smemorati Per il momento, queste cifre sono soltanto semplici affermazioni della Ssic. I costi del pensionamento flessibile anticipato attualmente non sono valutabili, poiché aspettiamo ancora dalla Ssic la documentazione statistica promessa da tempo. E del resto non abbiamo ancora neppure discusso in quale misura i lavoratori dell’edilizia sono disposti a partecipare al finanziamento del pensionamento flessibile anticipato. Ma se riusciremo a far passare le nostre tre principali rivendicazioni economiche (250.- franchi di aumento salariale dal 1.1.2002, riduzione dell’orario di lavoro di 3 ore settimanali e pensionamento anticipato a 60 anni d’età e 40 anni di lavoro), le cifre indicate non sono del tutto sbagliate. È risaputo che stiamo negoziando un contratto pluriennale, ma la Ssic pare l’abbia «dimenticato» nella sua propaganda. Inoltre, se l’«industria edile organizzata su base artigianale» (concetto Ssic) vuole rispondere alla propria esigenza di moderni rapporti di lavoro, allora le nostre rivendicazioni sono pienamente giustificate ed i miglioramenti chiesti sono assolutamente necessari. Non dobbiamo dimenticare che i lavoratori edili hanno dovuto ingoiare dei peggioramenti negli anni di crisi, mentre lo stress sui cantieri continuava ad aumentare. Ora è il momento che arrivino miglioramenti visibili e più che giustificati. Il sindacato ha delle chiare priorità A quali rivendicazioni rinuncerebbe eventualmente il Sei? Vi è certamente un ordine di priorità, ma tutte le nostre richieste sono state giustificate, appoggiate ampiamente e decise dalla conferenza professionale. Ma abbiamo formulato un pacchetto di rivendicazioni e vogliamo continuare le trattative in modo serio. Noi non abbiamo lanciato alcun ultimatum, come invece ha tentato di fare la Ssic nella prima seduta di negoziati. Le nostre posizioni di partenza sono chiare; il risultato provvisorio delle trattative non lo è ancora; e anche in questo caso non sarà identico alle nostre rivendicazioni. Ma ci sono delle richieste sulle quali il sindacato non è assolutamente disposto a cedere? Il pensionamento flessibile anticipato e tutti i maggiori problemi relativi all’organizzazione e alla durata del lavoro sono in cima all’elenco delle priorità dei nostri colleghi, come il nostro ampio sondaggio ha chiaramente dimostrato. In questi ambiti dobbiamo in ogni caso trovare delle soluzioni e conseguire dei miglioramenti. Naturalmente occorre anche ottenere un decente incremento dei salari nel settore edile. Tanto più che già sin d’ora sono stati annunciati massicci aumenti dei premi delle assicurazioni malattia. I redditi reali che alla fine risultano quale potere d’acquisto devono nuovamente crescere, e non soltanto i guadagni ed i compensi dei manager. Gli impresari costruttori non vedono «alcuna possibilità di ripercuotere tali maggiori costi sull’attuale mercato». Quante sono, secondo lei, le chances che questo negoziato si concluda con successo? Mantenere la pressione Il nostro contratto vale per tutto il settore edile in tutta la Svizzera, anche per le ditte straniere. Pertanto tutte le opportunità di mercato rimangono le stesse e le lamentele degli impresari costruttori non hanno assolutamente senso. Se non si costruisce, non è perché i prezzi sono un po’ bassi, ma perché non viene data esecuzione ai progetti. Con le nostre rivendicazioni sicuramente non influenziamo il volume delle ordinazioni. E certo le trattative non vengono assolutamente semplificate. Dobbiamo fare ancora molti sforzi per convincere che l’immagine e l’attrattività del lavoro edile, come pure la qualità delle costruzioni, possono essere mantenute e migliorate soltanto se anche le condizioni di lavoro migliorano. Ma quest’opera di convinzione non può essere prodotta dalla sola delegazione che conduce i negoziati. Occorre molto sostegno attivo e molta fermezza da parte di tutti i colleghi dell’edilizia. Senza un’adeguata pressione, non potremo convincere quegli impresari che temporeggiano e fanno difficoltà, che i miglioramenti sono realmente necessari e che siamo pronti a lottare per ottenerli. Se poi riusciremo a concludere le trattative nei tempi previsti, per adesso non possiamo dirlo.

Pubblicato il

14.09.2001 02:00
Silvano De Pietro
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