Salute & lavoro

Dopo esser stato per anni alla guida del sindacato Unia in Ticino, dal primo gennaio Enrico Borelli ha assunto il ruolo di co-segretario della sezione sindacale zurighese. È dunque la persona ideale per valutare la differente attitudine nella lotta al contenimento del contagio da virus e il suo impatto nella salute pubblica tra le due regioni, in particolare nei luoghi di lavoro. L’intervista.

Enrico Borelli, la percezione della gravità del Coronavirus a Zurigo si è modificata negli ultimi giorni?
Il divario con la sensibilità sviluppata in Ticino permane, anche se a Zurigo la situazione di questi giorni non è più la stessa di tre settimane fa. Gli esercizi pubblici e i commerci non essenziali sono chiusi, ma nelle strade rimane un numero di persone più elevato di quanto si veda in Ticino. La mobilità è molto maggiore anche perché cantieri e industrie non sono stati chiusi, malgrado la situazione di assoluta emergenza. Diventa dunque difficile far capire alla popolazione di restare confinati a casa la sera o il fine settimana, quando nella maggioranza dei luoghi di lavoro si prosegue come se nulla fosse.

Da parte di chi lavora, vi è preoccupazione?
Assolutamente. In meno di 24 ore, 25mila persone hanno sottoscritto la petizione promossa da Unia, destinata al Governo cantonale per chiedere l’interruzione delle attività sui cantieri. Lo dimostrano anche i contatti quotidiani che abbiamo coi lavoratori, dove confidano le loro paure. Un sentimento più che comprensibile, dato che è oggettivamente impossibile in una serie di rami professionali, rispettare le norme di sicurezza emanate dall’Ufficio federale della sanità. Purtroppo la sensibilità politica e, soprattutto, delle associazioni padronali è molto più rigida rispetta a quella in Ticino. Il sindacato si trova confrontato a un vero e proprio muro, eretto dal padronato, che antepone in modo assoluto gli interessi economici privati al bene comune della salute pubblica.

Le autorità sostengono la tesi che dove non si può lavorare in sicurezza, si deve chiudere. Ma vi sono dei controlli in questo senso? Avete dei riscontri che la legge sia rispettata?
La verifica dell’applicazione delle norme è un altro grande enorme problema. In realtà vi è una giungla, con un indegno balletto di responsabilità tra i vari enti. La Suva del Canton Zurigo ha una sola persona incaricata di verificare le norme. La polizia cantonale rimbalza l’onere alla polizia cittadina e viceversa, l’Ispettorato del lavoro non sta de facto promuovendo dei controlli. In sintesi, vi sono le norme ma nessuna ne verifica il rispetto.

Quali saranno le prossime mosse del sindacato?
Manteniamo uno stretto rapporto con i lavoratori, sviluppando insieme una serie di iniziative e interventi nei posti di lavoro, finalizzate ad accrescere la pressione sulle autorità. Purtroppo, nella lotta al Coronavirus, il riconoscimento istituzionale delle organizzazioni sindacali a Zurigo è molto diverso dalla realtà ticinese, dove i sindacati sono stati coinvolti nella gestione della crisi, potendo giocare anche un ruolo importante. Una cosa, ad oggi, impensabile nella Svizzera tedesca.


Pubblicato il 

08.04.20

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