L'idea non è nuova, Karl Marx e altri "utopisti" del XIX secolo l'avevano ventilata immaginando, ognuno a loro modo, una società priva di denaro, o quantomeno priva di quel denaro snaturato della sua funzione primordiale, quella contabile, divenuto fonte di ricchezza senza alcun legame con il lavoro produttivo. L'idea ha fatto strada. Molti i tentativi di applicazione pratica. Tra questi, quella canadese che ha visto la luce negli anni '80 con l'intento di aiutare e reinserire nella vita economica persone rimaste escluse – poveri, disoccupati... –, di rivalorizzare le loro competenze e rafforzare il legame sociale. Nascono così i sistemi di scambio locale (Sel). Dotati ognuno di una propria moneta simbolica – spesso il tempo – cui viene attribuito un valore di scambio, questi sistemi permettono ad ognuno di ricevere e dare, senza mai pagare un centesimo. Nel corso degli anni '90 questi sistemi giungono in Europa. Anche in Svizzera. Oggi, una decina di anni dopo, nella Svizzera romanda si contano 10 centri di sistema di scambio locale (Sel). Uno in Ticino. Per conoscere meglio questo sistema economico particolare, area ha incontrato Gisèle Ory, coordinatrice Sel in Romandia e Consigliera agli Stati per il Canton Neuchâtel, e il responsabile ticinese, Silvio Mella.

Signora Ory, la nascita dei sistemi di scambio locale (Sel) in America del Nord è dovuta in particolare alla volontà di aiutare chi è in difficoltà, chi vive una situazione economica difficile. È così anche in Romandia?
In Svizzera romanda, nel distretto neocastellano di Val-de-Ruz che è stato il precursore, l'intento era innanzitutto di tipo sociale. Si voleva reintegrare le persone confrontate a delle difficoltà economiche ridando loro un potere di acquisto. Lo stesso è stato, ed è, per i Sel che sono sorti in seguito. Lo scarso potere di acquisto non deve essere una causa di esclusione né sociale, né economica.
La situazione romanda è tale da giustificare ben 10 sedi di scambio locale?
Lo sviluppo dei Sel in Svizzera romanda è stato alquanto rapido. È infatti bastato che il principio attraversasse la frontiera francosvizzera per trovare terreno fertile anche da noi. Dieci sedi sono tante, è vero; ciò significa che vi è bisogno di aiuto ma anche e soprattutto che la filosofia insita nei sistemi di scambio locale attrae. Una filosofia che valorizza il valore locale dell'economia, che permette il contatto diretto tra le persone, con i "produttori" di servizi, cosa che oggi è sempre più difficile vista la provenienza internazionale di tutti i prodotti che noi compriamo. Tra i nostri membri vi sono dunque non solo persone in difficoltà ma anche persone che abbracciano questa filosofia contraria al sistema economico attualmente dominante, quello della globalizzazione e dell'individualizzazione della società.
Il fatto di avere dei Sel in tutte le grandi città è una conseguenza di questa filosofia: solo così possiamo favorire i contatti economici a livello locale. Anche per questa ragione ogni Sel ha la sua propria "moneta" di scambio, una "moneta" locale.
I contatti tra le varie sedi, tra le varie regioni sono dunque impossibili per definizione?
Una volta all'anno ci troviamo per scambiarci consigli "manageriali". Al di  là di questo non vi è possibilità di scambio vero e proprio, quello con la moneta locale. Unica eccezione è lo scambio di alloggi di vacanza tra i membri dei vari Sel.
Che cosa scambiano i vostri membri?
Degli oggetti, dei servizi, il proprio tempo. La lista è molto lunga: basta consultare il sito internet per rendersi conto della vastità di offerte: dai lavori di giardinaggio alla riparazione di oggetti, dal baby-sitting ai corsi di lingua, da lavori di segretariato alle traduzioni fino ai massaggi e ai corsi di danza o di cucina o la pedicure…
L'inflazione attuale può essere combattuta attraverso il Sel, nel senso che può davvero reintegrare economicamente, oltre che socialmente, chi è in difficoltà?
Per raggiungere completamente anche l'obiettivo di aiuto economico dovremmo crescere ulteriormente. Affinché un'associazione funzioni bene e raggiunga così entrambi i suoi scopi (l'integrazione sociale ed economica, ndr) deve poter contare su 150-200 membri. Attualmente ogni Sel romando ne può contare 80-100, cifre che non permettono di scambiare sufficientemente oggetti diversi per funzionare a pieno regime. Tuttavia la creazione di 10 sedi Sel in meno di 10 anni mostra che c'è dell'interesse e del potenziale per crescere ulteriormente.
Con la vostra attività vi si potrebbe accusare di essere un'economia parallela, una sorta di mercato nero. Vi siete mai posti il problema? Il mondo economico o lo Stato non vi ostacolano?
In effetti stiamo alimentando un mercato parallelo con un'economia parallela che potrebbe entrare in conflitto con lo Stato. Questo è accaduto in Francia dove il mercato parallelo ha assunto un'importanza talmente alta rispetto al mercato primario, che lo Stato ha cominciato a porsi delle domande in materia di fiscalità. Per evitare questo tipo di problemi noi abbiamo subito inserito negli statuti un articolo che limita gli scambi così da evitare ad esempio che si baratti un'automobile o un appartamento… In questi casi saremmo in effetti sottoposti al pagamento dell'Iva. La nostra attività deve restare nell'ordine dello "svago" e non diventare propriamente un'"economia parallela". Questo non vuol dire che non avremo mai dei problemi con lo Stato. Noi cerchiamo di evitare ogni conflitto che, del resto, andrebbe soltanto a discapito della nostra associazione.

Il tempo è denaro

Il tempo è denaro. Un vecchio adagio che certamente Silvio Mella conosce molto bene. Quasi undici anni fa, insieme ad alcuni amici ha infatti dato vita a San Nazzaro, nel Gambarogno, a quello che, progressivamente, si è trasformato in un gruppo più ampio di persone intenzionate a scambiarsi dei favori. Un gruppo oggi noto con il nome di "banca del tempo". «Niente denaro tra di noi, nessuna fattura: solo uno scambio di favori. A regolare la fattura ci pensa il tempo: è, infatti, lui la sola moneta in circolazione. Un'ora vale un'ora; mezz'ora vale mezz'ora», racconta Mella. I favori scambiati sono di vario genere: si va dal taglio dell'erba del giardino alla riparazione di un computer; dal trasloco alle pulizie domestiche, da una mano nel compilare la dichiarazione delle imposte al dog-sitter... la lista è lunga e si è allungata con gli anni: «Oggi i nostri soci si scambiano ad esempio dei soggiorni, una camera, un appartamento…. Tutto è possibile. Basta pagare. In ore, ovviamente», spiega Silvio Mella.
L'avventura della banca del tempo è iniziata nel 1996 con un obiettivo molto chiaro: garantire la trasmissione della conoscenza, la salvaguardia dei saperi che altrimenti andrebbero perduti. «Ognuno di noi ha delle doti naturali o apprese che non sempre vengono tutte utilizzate nello svolgimento quotidiano della propria professione; altri cambiano mestiere nel corso della propria vita, altri ancora smettono di lavorare per scelta o meno: attraverso il nostro sistema di scambio di favori è possibile recuperare tutto questo sapere in modo utile evitando che vada perso per sempre», racconta il nostro interlocutore. «In questo senso in Ticino lo scambio di conoscenze linguistiche è una parte preponderante della nostra attività: sono ben 11 le lingue "scambiate" (conversazione, correzione di compiti, di testi, traduzioni, corsi di recupero per ragazzi delle scuole….) e dunque mantenute vive. Accanto alla trasmissione di saperi vi è poi un obiettivo più pragmatico che è quello di offrire dei servizi, degli aiuti a chi ne ha bisogno, senza dimenticare il potenziale di socializzazione che questo sistema di auto-aiuti ha in sé. Vicini di casa, compaesani possono conoscersi grazie a degli scambi. È chiaro che rivolgendosi a noi si può risparmiare… ma non è l'elemento primordiale per noi che non abbiamo obiettivi economici».
In dieci anni di vita la banca del tempo è cresciuta e oggi conta in Ticino 170 soci, rappresentanti di 50 professioni diverse, più della metà dei quali sono attivi, ossia scambiano favori almeno una volta all'anno. «Nel 2007 abbiamo registrato 600 ore scambiate, pari a 900 offerte e 500 richieste. Nei primi anni di vita della nostra banca le ore erano circa 250. Nel 2004 si toccò il picco massimo di 676 ore». Ed i membri non attivi perché si affiliano a voi? «Credono in questo sistema e nell'ideale che difende un'economia alternativa a quella fondata unicamente sul denaro. E con la loro quota annuale di 20 franchi ci permettono anch'essi di rispondere a quelle domande amministrative di base che richiedono denaro vero e proprio (allacciamento internet, computer, spese postali, due volte l'anno pubblichiamo gli estratti conto, facciamo la contabilità dei singoli membri attivi…)».
Avere più membri vi aiuterebbe? «Sono due o tre anni che la cifra di membri è stabile: andare oltre non è nei nostri interessi. A livello amministrativo credo che il lavoro sarebbe troppo grande Si perderebbe quell'aspetto di familiarità che abbiamo oggi e in tal caso chi non è molto convinto del nostro sistema vedendo le dimensioni della struttura potrebbe scoraggiarsi più facilmente».

Ragioni di fondo

Dal punto di vista economico, come si spiega il nascere di banche del tempo? area lo ha chiesto all'economista Silvano Toppi.
L'economia attuale fa la distinzione tra economia mercantile – quella basata sullo scambio di denaro – e economia non mercantile – quella non immediatamente monetizzabile – attribuita solitamente allo Stato e che si manifesta sottoforma di educazione, giustizia, polizia, o fornitura di servizi come l'acqua...
Progressivamente l'economia non mercantile ha assunto sempre più importanza nell'economia generale –  è infatti cresciuto il bisogno di sicurezza, di prospettive… –; nel contempo, è venuta meno, (si è scelto di far venire meno), la presenza dello Stato. In questo modo si crea uno squilibrio importante che conduce a situazioni paradossali evidenti come l'aumento delle ineguaglianze, una crescita che crea scarsa occupazione, un reddito crescente ma non abbastanza per garantire la necessaria sicurezza e l'aumento della qualità della vita. È in questo contesto che si inseriscono ed assumono la loro importanza istituzioni come la banca del tempo sorte sempre in contesti di difficoltà, di scarsa coesione sociale.
Si tratta allora di banche a vocazione sociale…
Nelle nostre società tradizionali la reciprocità, l'aiuto reciproco era molto presente. Progressivamente questo aiuto è venuto meno, vuoi perché la società si è individualizzata, vuoi perché l'aiuto è stato incanalato nello Stato sociale. Se però anche lo stato sociale viene smantellato, ecco che il problema torna a galla e si crea un  contesto che alimenta nuove aspettative, il desiderio di un'"economia civile" che possa ancora usufruire di possibilità di uno scambio che va al di là di quello puramente monetario. Il rischio è però di confondere questo sistema con il dono, con la filantropia: io non credo che si tratti di questo. Queste associazioni sono una via per valorizzare beni sociali e capovolgere il principio imperante secondo cui per raggiungere il bene comune è opportuno fare il proprio interesse personale. Oggi il problema non è tanto la scarsità di beni materiali quanto piuttosto della scarsità sociale, del senso collettivo. E questo i sistemi di scambio locale lo hanno capito e lo applicano. Solo abbracciando questo modo di pensare, questa predisposizione culturale, è possibile operare al di là della moneta, andare oltre l'economia mercantile o non mercantile e introdurre un'economia civile.
Qual è il potenziale di crescita di queste banche?
Strutturalmente sono limitate perché la reciprocità avviene su bisogni abbastanza limitati. Tuttavia hanno un grandissimo valore perché rivalutano il senso dell'essere in comune, della partecipazione, della reciprocità. Valori ormai del passato. E anche perché percorrono una via opposta a quella della società del consumo: ogni cosa può essere rivalutata, affidata a chi ne ha bisogno. La riscoperta dell'economia civile è importantissima e visto lo squilibrio crescente tra economia mercantile e non, potrebbe assumere sempre più importanza e suscitare maggiori aspettative.
Ma l'economia lo permetterà?
In effetti lo scopo dell'economia mercantile è quello di creare continuamente nuovi bisogni. Usando bisogni già in parte utilizzati, invece, si corre il rischio di una minor crescita dell'economia mercantile.... Un altro rischio è quello di veder considerati certi tipi di scambio come "lavoro nero", una qualifica che potrebbe bloccare il meccanismo di autoaiuto: ma entrambi i rischi sono ancora molto remoti.

Pubblicato il 

05.09.08

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