Aumentano in Svizzera i morti d'amianto. 219 nuove diagnosi di mesotelioma nel 2015

E secondo gli esperti i casi di cancro polmonare asbesto-correlati sono sottostimati. Studi italiani sugli ex lavoratori Eternit confermano

L'anno scorso in Svizzera sono state vendute 66'332 biciclette elettriche e 112'244 mountainbikes, nelle nostre case vivono 1,35 milioni di gatti, 500 mila cani e 4,5 milioni di pesci, mentre nelle aziende agricole elvetiche si contano 1'554'319 bovini e 1'495'737 suini. Il lettore si tranquillizzi: chi scrive non è caduto in uno stato di confusione mentale. Questo elenco di dati ci serve solo per sottolineare quanto a fondo si possa spingere la ricerca statistica e soprattutto per rilevare come in Svizzera sia per contro estremamente complesso fare luce su una questione ben più importante come per esempio la tragedia dell'amianto: mentre per scoprire le curiosità citate in entrata bastano cinque minuti di tempo e un paio di click sul nostro computer, per stabilire il numero più o meno esatto di persone che sono morte e continuano a morire a causa della fibra killer si deve passare per un percorso a ostacoli: dati statistici incompleti, assenza di studi epidemiologici, malati non conteggiati. Ma con un po' d'impegno e di testardaggine si scoprono dati e informazioni interessanti sulla situazione di un paese nel quale, a quasi trent'anni dalla messa al bando dell'amianto, nessuna autorità si azzarda anche solo a stimare il numero di lavoratori che sono stati esposti o che oggi rischiano un'esposizione.

 

Si sa invece che l'amianto continua a “fabbricare” malati e a uccidere anche in Svizzera, che è stata tra l'altro un centro importante nello scacchiere internazionale per essere stata la sede -a Niederurnen nel piccolo Canton Glarona- del gruppo Eternit (l'impero della famiglia Schmidheiny che nel periodo di massima espansione controllava oltre 1000 società sparse nel mondo), nonché la centrale di comando del Cartello mondiale dei produttori di cemento-amianto, che a partire dagli anni Cinquanta, sotto la guida degli stessi Schmidheiny, è servito come piattaforma per occultare le evidenze scientifiche sulla nocività della fibra, per delegittimare il lavoro degli scienziate e per corromperne altri, per infiltrarsi nelle agenzie dell'Onu, per organizzare lo spionaggio dei sindacati, delle organizzazioni delle vittime e dei giornalisti.


Nel fare una conta dei “danni” causati in Svizzera bisognerebbe tenere conto anche dei destini di alcune migliaia di ex immigrati e delle loro famiglie nel frattempo rientrati nei loro paesi di origine (Italia, Spagna, Portogallo) senza più dare notizie, ma per forza di cose ci limitiamo a considerare gli effetti osservabili all'interno della Confederazione. Il primo dato generale da evidenziare è che il numero di malati e di morti, complice anche l'invecchiamento della popolazione, è in costante aumento. I decessi per mesotelioma, il tipico cancro da amianto che colpisce la pleura e (più raramente) il peritoneo, sono stati, secondo le statistiche (si veda la tabella allegata), 85 nel 1995, 114 nel 2000, 149 nel 2005, 174 nel 2010 e 187 nel 2014 e addirittura 219 nel 2015 (stima). Ma l'amianto provoca anche altri tipi di tumori e altre malattie che spesso in Svizzera sfuggono alle statistiche: la più sottovalutata è sicuramente il cancro del polmone, confermano all'unisono i medici e gli epidemiologi che abbiamo interpellato nell'ambito della nostra ricerca.


Una ricerca che parte dalla lettura del Rapporto 2015 sui tumori in Svizzera, pubblicato nel marzo scorso dall'Ufficio federale di statistica (UST) e dall'Istituto Nazionale per l'Epidemiologia e la Registrazione del Cancro (NICER). Esso fornisce una radiografia sull'incidenza del mesotelioma, malattia inguaribile ed estremamente subdola che può manifestarsi anche 30-40 anni dopo l'esposizione alle poveri di amianto: dopo il «netto aumento» dei nuovi casi e della mortalità (con valori praticamente uguali) osservato nella popolazione maschile tra il 1983 e il 2002, la situazione «sembra stabilizzarsi» si legge nel rapporto.


Guardando però ai numeri assoluti si osserva un costante aumento dei malati e dei morti. Significa che dobbiamo attenderci un'ulteriore crescita dei casi nei prossimi anni? «Tendenzialmente no. -spiega ad area il dottor Rolf Heusser, direttore di NICER - Se si considera che il periodo di latenza della malattia varia dai 20 e i 40 anni e che in Svizzera l'amianto è vietato dal 1990 dopo esser stato utilizzato massicciamente tra gli anni Cinquanta e Settanta, un ulteriore aumento dell'incidenza della malattia (cioè il numero di nuovi casi che si verificano in una data popolazione in un dato periodo) è improbabile. Tuttavia non è da escludere che con l'invecchiamento demografico il numero assoluto di vittime cresca ulteriormente anche nei prossimi anni».

 

Nel Rapporto 2015 sui tumori in Svizzera si afferma che nel nostro paese l'incidenza del mesotelioma e la mortalità tra gli uomini è “relativamente alta” in un confronto internazionale. Cosa significa?
Un confronto internazionale è reso difficile dalla mancanza di dati univoci e completi. Secondo la nostra valutazione tuttavia la Svizzera, per quanto riguarda gli uomini, si colloca al terzo posto di una classifica di sette paesi e al quarto su una di otto che considera anche la Gran Bretagna.

 

Forti differenze si constatano peraltro anche all'interno della stessa Svizzera: in proporzione (sempre nella popolazione maschile, che è stata la più esposta, prevalentemente nell'ambito professionale) si registrano più casi di mesotelioma nella Svizzera tedesca, dove, rispetto al Ticino e alla Romandia, nell'industria dell'amianto hanno lavorato più persone, constata Volker Arndt, direttore scientifico di NICER.
Il pensiero corre in particolare alla Eternit di Niederurnen (Glarona), dove vi è stato un uso industriale massiccio di amianto e dove negli anni sono transitati migliaia di lavoratori. Guardando la cartina geografica sul tasso d'incidenza del mesotelioma nei vari cantoni nel periodo 2008-2012 si nota che il Cantone Glarona presenta il valore più alto, ma «essendo i casi molto pochi, la differenza con la media svizzera non è statisticamente rilevante», osserva Heusser, precisando tuttavia che «sin da quando avviene la registrazione, Glarona presenta sempre un alto tasso di malattie asbesto-correlate rispetto al resto della Svizzera».

 

Nel leggere le statistiche bisogna anche tenere conto che i dati ufficiali, soprattutto quelli relativi agli anni addietro, non danno ancora un quadro completo, perché a oggi non esiste la certezza che tutti i casi di mesotelioma siano stati o vengano effettivamente censiti, visto che non tutti i Cantoni dispongono di un registro dei tumori. Il direttore di NICER conferma: «Una registrazione completa su tutto il territorio svizzero sarà possibile solo dopo l'entrata in vigore della Legge federale sulla registrazione delle malattie tumorali (recentemente approvata dal Parlamento, essa prevede l'obbligo per medici, ospedali e altre istituzioni sanitarie private e pubbliche di notificare tutte le malattie tumorali diagnosticate, ndr)». «Oggi -prosegue Heusser- sui cantoni che non dispongono di un registro dei tumori non esiste alcun dato. Per la statistica nazionale viene calcolato un dato a partire dalla media osservata nella regione linguistica interessata».


«In Svizzera gli unici dati certi sono quelli della Suva sulle malattie professionali, che rappresentano una buona stima ma non forniscono una certezza assoluta», osserva dal canto suo il professor Rolf Stahel, oncologo esperto di tumori polmonari e della pleura e direttore medico presso la clinica oncologica dell'Ospedale universitario di Zurigo, cui ci siamo rivolti innanzitutto per capire se possa addirittura capitare che un mesotelioma non venga diagnosticato: «Può succedere ma è quasi inimmaginabile oggi», afferma Stahel, che però aggiunge, gettando ulteriori ombre sulla precisione dei dati: «Fino al 2003 le mancate diagnosi erano invece frequenti, perché esisteva un approccio diverso nei confronti di questa malattia: siccome considerata inguaribile ci si limitava spesso a trattare i sintomi, come per esempio il versamento pleurico (cioè una formazione eccessiva di liquido, ndr). Le cose sono però radicalmente cambiate a partire dal 2004 quando si è iniziato a trattare quasi tutti i pazienti con farmaci citostatici e a praticare una chirurgia più aggressiva, ottenendo anche risultati apprezzabili».


Se oggi dunque si può ritenere che la più grave malattia che colpisce gli esposti alla polvere killer viene praticamente sempre diagnosticata, non si può dire altrettanto per il tumore polmonare da amianto, il cui numero è «sicuramente sottostimato» sostiene il dottor Stahel.

 

Ma di regola, un medico che diagnostica un cancro del polmone o un altro tumore potenzialmente asbesto-correlato non interroga il paziente o non indaga altrimenti sulla sua storia professionale, famigliare o abitativa per verificare se durante la vita è stato esposto all'amianto?
No. Questo è un aspetto che in Svizzera generalmente viene trascurato nell'anamnesi che si effettua per i tumori polmonari e questo inevitabilmente porta a una sottostima di quelli causati dall'amianto.

 

Non sarebbe sensato considerarlo questo aspetto?
Non per le scelte di tipo terapeutico, ma sicuramente sarebbe importante farlo per le conseguenze che avrebbe per esempio per il riconoscimento della malattia professionale o per la determinazione di prestazioni assicurative. Questioni a cui noi medici pensiamo poco, perché ci concentriamo sul tipo di intervento da eseguire per combattere al meglio la malattia.

 

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«Troppo pochi i casi riconosciuti»

L’epidemiologo Holger Dressel: i medici dovrebbero indagare di più sulla storia lavorativa e personale delle persone con carcinoma polmonare


«Un'anamnesi personale e lavorativa tesa a verificare un'eventuale esposizione alle polveri di amianto andrebbe sempre fatta di fronte alla scoperta di un cancro del polmone, indipendentemente che il paziente sia o non sia fumatore». Ad affermarlo è il dottor Holger Dressel, epidemiologo e professore assistente di medicina del lavoro e ambientale all'Università di Zurigo, da noi contattato nel tentativo di ricavare qualche dato sul cancro polmonare da amianto in Svizzera. Una patologia sui cui non esistono però dati precisi: «I casi registrati sono pochissimi», conferma Dressel rilevando peraltro una generale «scarsa conoscenza scientifica sulla situazione di certe malattie asbesto-correlate in questo paese a causa della mancanza di studi epidemiologici». «Un'idea sul rapporto tra casi di mesotelioma e quelli di cancro polmonare -prosegue Dressel- ce la si può però fare sulla base della Statistica svizzera delle malattie professionali da amianto riconosciute». Da un'attenta lettura incrociata dei dati disponibili (340 malattie professionali, di cui 106 “con mesotelioma” e 234 “senza mesotelioma” e 121 neoplasie) si giunge alla conclusione che nel 2013 per esempio le assicurazioni hanno riconosciuto una quindicina di casi di cancro polmonare da amianto
«Questi dati non dicono ancora quanti casi di carcinoma polmonare da amianto ci sono in Svizzera, ma forniscono un ordine di grandezza indicativo e dicono già qualcosa in più del registro dei tumori», spiega il professor Dressel, secondo il quale comunque «i casi riconosciuti dovrebbero essere di più». Del resto, secondo studi condotti a livello internazionale «la polvere d'amianto è responsabile fino al 6 per cento di tutti i casi tumore polmonare», indica l'istituto NICER.

 

Professor Dressel, esiste la possibilità di stabilire con certezza che un tumore polmonare è dovuto all'esposizione all'amianto?
A volte è difficile stabilire una causa unica e precisa del tumore polmonare, che è una malattia provocata da diversi fattori: il fumo del tabacco, ma anche l'esposizione al radon (gas radioattivo che si forma in modo naturale nel suolo, ndr) -che in Svizzera è la seconda causa più importante di questa malattia- e appunto l'amianto. Si può però stabilire se l'amianto, indipendentemente dal fatto che la persona fumi, ha avuto un ruolo.

 

Quali altri tipi di tumori possono essere riconducibili all'amianto?
Oltre al mesotelioma pleurico e peritoneale (più raro) e al tumore polmonare, ci sono solide prove scientifiche di una correlazione tra amianto e cancro della laringe e delle ovaie. Per altri tipi il dibattito scientifico è aperto.

Si può ritenere che nei prossimi anni aumentino ulteriormente i casi di malattie da amianto?
Per quanto riguarda il mesotelioma, in Svizzera nei prossimi decenni la tendenza dovrebbe essere quella di una diminuzione progressiva, mentre per il cancro del polmone è difficile valutare perché in Svizzera mancano dati.

Si è in grado di stimare le conseguenze per i lavoratori e i cittadini che oggi dovesse subire un'esposizione all'amianto che è ancora presente in quantità (indefinite ma importanti) negli edifici e nell'ambiente?
Nemmeno questo aspetto in Svizzera è stato oggetto di valutazioni scientifiche e oltretutto è difficile fare questo tipo di ricerca. Sappiamo per contro dove risiede maggiormente il pericolo, cioè, per quanto riguarda la nostra realtà, nei lavori di ristrutturazione e demolizione di vecchi edifici e nella presenza nelle nostre case di vari materiali in amianto debolmente agglomerato (che è il più pericoloso). A livello globale il problema è e rimarrà invece enorme, fintanto che non si imporrà un divieto mondiale dell'amianto.

 

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Tra i lavoratori fortemente esposti il cancro polmonare

è un problema ancora piu grave del mesotelioma

Le considerazioni del dottor Dario Mirabelli, coautore di studi sulla Eternit di Casale Monferrato

 

A differenza che in Svizzera, in Italia si è lavorato molto sul piano della ricerca epidemiologica. Questo ha prodotto importanti conoscenze sulle varie malattie causate dall'amianto e sulla loro diffusione nella popolazione esposta: anche sul cancro del polmone, che si è rivelato rappresentare addirittura un problema più grave del mesotelioma tra i lavoratori entrati in contatto con la polvere killer. 

 

La scoperta deriva da uno studio di mortalità condotto da un gruppo di ricercatori del Centro di riferimento per l'epidemiologia e la prevenzione oncologica in Piemonte sui lavoratori del tristemente noto stabilimento Eternit di Casale Monferrato, la cittadina in provincia di Alessandria dove si sono registrati ormai 2000 morti e dove ancora oggi, a trent'anni dalla chiusura della fabbrica, ogni settimana si contano una nuova diagnosi e un decesso per mesotelioma.

Il lavoro dei ricercatori è consistito innanzitutto nel ricostruire l'elenco delle persone che erano presenti in quello stabilimento nel 1950 e di tutte quelle vi hanno messo piede successivamente: si è arrivati a quasi 3500 persone (3434, di cui 777 donne per la precisione).

«Progressivamente -spiega il dottor Dario Mirabelli del Registro mesoteliomi del Piemonte e coautore dello studio- si è quindi andati a tracciare un bilancio di chi era ancora vivente, chi era deceduto e quali fossero le cause di morte. Questo per fare un confronto tra la mortalità osservata in questa popolazione di lavoratori (per ogni singola causa di morte di nostro interesse) e quella che ci si sarebbe potuti aspettare se il loro profilo di mortalità fosse stato uguale a quello degli abitanti del Piemonte. Ebbene, oltre  a numerosi decessi per mesotelioma e per asbestosi, abbiamo anche potuto osservare molti più decessi per tumori polmonari, più del doppio di quelli che ci si sarebbe potuti aspettare».

 

Difatti, il bilancio (aggiornato al 2003) dà conto di 187 morti per mesotelioma e di 249 per cancro del polmone tra gli ex lavoratori della Eternit di Casale. «È la dimostrazione che quando ci troviamo di fronte a lavoratori che hanno avuto un'esposizione importante all'amianto, i tumori polmonari in eccesso sono di più dei mesoteliomi e dunque rappresentano un problema ancora più grave», spiega il dottor Mirabelli.

 

Come si spiega questa differenza tra l'eccesso di tumori polmonari e quello dei mesoteliomi?

È dovuta al tipo di relazione dose-risposta diversa: con un'esposizione relativamente bassa si ha un maggiore eccesso di mesoteliomi che di tumori polmonari mentre con un'esposizione alta si hanno più tumori polmonari in eccesso che mesoteliomi.

 

Si può dedurre che le esposizioni di tipo ambientale (non professionale) producono tendenzialmente più mesoteliomi che tumori?

Esatto. Da diversi studi (già rendicontati appieno alla comunità scientifica internazionale) che abbiamo condotto a livello di popolazione a Casale Monferrato per verificare l'impatto dell'esposizione ambientale, è emerso che esso è molto forte per quanto riguarda il mesotelioma. Si tratta peraltro di un fenomeno  osservato anche in altre aree dove ci sono stati problemi di simile gravità.

 

Essendo anche l'asbestosi la tipica conseguenza di una forte esposizione, si può ritenere che nei paesi dove è stato abbandonato l'uso dell'amianto è una malattia destinata a sparire?

Se per asbestosi intendiamo un livello di fibrosi polmonare da amianto sufficiente a provocare un'alterazione della funzionalità respiratoria, sintomi nel paziente e a essere rilevabile con tecniche radiologiche (che sono le componenti di una diagnosi di asbestosi), la risposta è sì, perché un'esposizione ambientale non è sufficiente a provocare questo genere di asbestosi. Se consideriamo invece asbestosi i segni di fibrosi che vede l'anatomopatologo facendo l'esame post-mortem dei tessuti in una persona che non aveva sintomi ma è stata esposta all'amianto a livelli molto bassi, allora la risposta è no. Si deve infatti tenere conto che l'asbestosi non è una malattia che c'è o non c'è, ma un'alterazione che si instaura progressivamente e che dipende dalla gravità dell'esposizione. Questi segnali sono per esempio stati individuati nella popolazione di Casale Monferrato anche se in vita le persone non erano mai state curate per asbestosi.

 

Esistono metodi diagnostici per stabilire il nesso di causalità tra esposizione e tumore polmonare?

Da una ventina d'anni si persegue l'idea, in realtà finora con poco successo, di andare a cercare l'impronta digitale lasciata sul Dna dall'amianto, diversa da quella di altri cancerogeni come il tabacco per esempio. Si ritiene infatti che la formazione del cancro

è largamente dovuta ad alterazioni del Dna, in particolare di quei geni che regolano la replicazione delle cellule, da parte del cancerogeno. Essendo però la ricerca tuttora in corso, allo stato attuale non c'è un modo per dire da quale agente è stato causato un tumore. Una questione che a mio avviso non ha comunque senso porsi trattandosi di una malattia tipicamente multicausale. Nel caso del cancro del polmone per esempio coagiscono (non in competizione ma in cooperazione tra loro) il fumo del tabacco (attivo e passivo), l'inquinamento atmosferico, il radon e l'amianto.

 

Si ha un'idea di quale sarà nei prossimi decenni l'impatto sulla salute delle persone  che oggi dovessero subire un'esposizione all'amianto che ancora si trova in quantità importanti nelle nostre case e nell'ambiente (si pensi per esempio ai lavoratori impiegati in lavori di demolizione e di ristrutturazione di vecchi edifici o ai cittadini che vi abitano o ai loro vicini)?

No. Per avere un'idea di cosa aspetta le nostre popolazioni in futuro, dovremmo essere in grado di descrivere adeguatamente le modalità di esposizione attuali, cioè quante persone sono effettivamente esposte a causa delle ragioni che lei indica, con quale frequenza e con quale intensità approssimativamente. Purtroppo però non si riesce ad avere un'idea di cosa sta succedendo. Si sa che l'amianto è ancora presente in molti impianti ed edifici pubblici e privati e che una parte di esso è di matrice friabile e quindi quando viene danneggiato, urtato, o anche semplicemente rimosso comporta un rilascio importante di fibre, molto di più di quanto non faccia il cemento-amianto, che ha una matrice più compatta benché a sua volta sia già pericoloso. Un idraulico, un elettricista o un addetto alla manutenzione che entrasse in contatto per esempio con l'amianto friabile di alcuni materiali che si trovano ancora nelle centrali termiche o anche negli impianti domestici di riscaldamento, si espone parecchio, complice anche il fatto che questo avviene in ambienti generalmente angusti, piccoli e non areati. Lo conferma anche uno studio realizzato una decina d'anni fa in Francia che ha simulato questo tipo di esposizione. Fortunatamente, il lavoratore solo raramente viene a trovarsi in queste condizioni, ma quando capita l'esposizione è importante. Non è insomma una banalità, anche non siamo in grado di fare una previsione quantitativa. In ogni caso non possiamo pensare che non ci siano delle conseguenze, è ovvio che ci saranno.

 

La platea di lavoratori interessati da questa esposizione è in qualche modo misurabile?

Per quanto riguarda l'Italia une decina d'anni fa (e non penso che le cose siano cambiate) avevo stimato circa 70'000 persone, che non sono più i 700’000 di trent'anni fa ma che non sono poche. Ritengo che il problema andrebbe affrontato con maggiore serietà: non basta formare e informare i lavoratori, ma si dovrebbe andare a capire cosa sta accadendo e verificare cosa produce questa educazione. Ho invece l'impressione che questo secondo passo manchi.

 

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Cura del mesotelioma: la speranza è l'immunoterapia
Il mesotelioma si conferma una neoplasia dalla prognosi infausta. Secondo l'ultimo Rapporto sui tumori in Svizzera, il tasso di sopravvivenza a dieci anni dalla diagnosi è dell'1 per cento tra gli uomini e del 4 tra le donne. I dati sono sicuramente sconfortanti, ma sul piano terapeutico nel corso degli anni sono stati fatti anche passi avanti, in particolare -spiega il dottor Rolf Stahel, oncologo esperto di tumori polmonari e della pleura- grazie a un nuovo medicamento e allo sviluppo della chirurgia: una volta era più radicale e si tendeva ad asportare l'intero polmone, mentre oggi s'interviene con una sorta di “sbucciatura” dell'organo dalla pleura che lo avvolge». La nuova frontiera si chiama invece immunoterapia, cioè l'utilizzo di farmaci che non vanno a colpire direttamente le cellule tumorali, ma che agiscono sul sistema immunitario attivandolo per aggredire e combattere il tumore tramite gli anticorpi normalmente presenti nel nostro organismo. «Lo sviluppo di questo approccio -afferma Stahel- consentirà di fare significativi passi avanti, secondo uno studio svizzero che sta per essere pubblicato».

 

Pubblicato il

29.06.2016 23:45
Claudio Carrer

Un Fondo per i malati gravi d'amianto

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