Il canale della Bandiera rossa, nella vallata del Linshien (Cina settentrionale), che portò acqua preziosa ed abbondante ad irrigare una regione detta anticamente delle 4 povertà (povertà della montagna, dell’acqua, della terra, degli uomini) fu scavato a mano interamente nella roccia tra il 1960 e il 1975. «Col cuore rosso e contando sulle proprie forze si può fare tutto» era il motto delle migliaia di contadini che vi lavoravano. Io ebbi l’occasione di visitare quelle opere nell’estate del 1974 durante un viaggio di ferro: sveglia alle sei; visite di fabbriche, cantieri, scuole, ospedali; discussioni; scambio di salamelecchi; regalo da parte nostra di ambitissimi coltellini militari elvetici. Dopo la valle del Linshien, trasformata grazie al lavoro di massa da un inferno arido in un abbozzo di paradiso, fu la volta di un nuovo quartiere d’abitazione. Si trattava di modestissime case di tre piani, coi pavimenti di cemento lisciato ed un acquaio comune sul ballatoio. Nella rituale discussione che seguì dovette per forza intervenire il compagno architetto, cioè io. Da buon piccolo socialista svizzero, formato anni ’30, lodai l’altezza delle case di soli tre piani e l’assenza di ascensori. Il responsabile del quartiere, un po’ sorpreso e un po’ risentito rispose: «Certo, per ora non possiamo ancora permetterci case più alte e ascensori elettrici ma ... aspettate e vedrete». L’altro giorno vedo nell’inserto «D» de La Repubblica del 7 agosto le fotografie del cantiere della diga più grande del mondo (2309 metri di lunghezza per 185 di altezza) che i cinesi stanno costruendo a Yichang, lungo lo Yangtze. Si lavora 24 ore su 24, in un mare di gru, di scavatrici e di casseri, sotto fari elettrici potentissimi, con sullo sfondo un’invisibile corruzione che ha disperso milioni di dollari, si dice, tra funzionari, dirigenti, tecnici e intermediari. Il costo delle opere è spropositato, il danno ecologico enorme, le ripercussioni sul clima spaventose. Due milioni di persone verranno evacuate. Mi sono ricordato allora delle migliaia di cinesi, uomini e donne, tutti vestiti di grigio e con sandali di plastica, che nel 1974 raschiavano la roccia nella valle del Linshien, trasportando le pietre con carriole fatte con vecchie ruote di bicicletta e nutrendosi di riso bollito e di tè bianco, ossia acqua calda. E mi è tornata alla mente la frase: «Aspettate e vedrete!». Ora, in effetti, vediamo. Allora mi sono detto, a proposito del rapporto tra uomo e territorio, che il socialismo da solo, rosso o giallo che sia, non ci dà grandi garanzie. Sarà meglio farci su un pensierino.

Pubblicato il 

07.09.01

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