Lungo ma incompleto e impreciso, quindi utile solo fino a un certo punto. L’elenco nelle mani della Sezione logistica del Dipartimento delle finanze e dell’economia (Dfe) è un inventario alquanto parziale degli edifici pubblici e di uso pubblico contenenti amianto in Ticino: dentro stanno 212 costruzioni (le principali nella tabella accanto), fuori non si sa quante anche se sicuramente sono diverse centinaia.1 Certo comunque è che nella lista redatta nel 1985 per conto dell’allora Ufficio degli stabili erariali del Dipartimento delle pubbliche costruzioni non figurano asili e scuole elementari, magazzini e altre strutture di proprietà comunale e consortile, uffici postali, case per anziani, ospedali e cliniche, caserme e rifugi della Protezione civile, una quantità imprecisata di edifici privati di uso pubblico (cinema, discoteche, teatri, ecc.), e tantomeno gli edifici abitativi privati. Si è ancora ben lontani da quel «catalogo di tutte le costruzioni ed edifici pubblici (cantonali e comunali) o ad uso pubblico e collettivo ove siano stati impiegati materiali contenenti fibre di amianto» auspicato in un’interrogazione parlamentare del maggio 1984 dal dottor Giorgio Noseda, allora granconsigliere del Partito socialista ticinese.2 E son passati più di 20 anni. A seguito dell’interrogazione Noseda, l’Ufficio degli stabili erariali incaricò un istituto vodese specializzato di allestire un catalogo degli edifici di proprietà dello Stato contenenti amianto nelle sue diverse forme. A cavallo fra il 1984 e il 1985 i periti analizzarono 212 costruzioni: tutte meno una contenevano la sostanza cancerogena: 68 casi riguardavano pavimenti plastici (il Novilon o il Colovynil prodotti dalla Forbo di Giubiasco fino agli anni 1977-’78), 63 casi lastre Eternit usate quali rivestimento e copertura tetti, 33 casi coperture plastiche e 47 casi tende da oscuramento. In realtà i casi sono meno. Gli esperti vodesi segnalarono infatti tutti gli stabili potenzialmente a rischio tenuto conto dei materiali con i quali vennero costruiti. Così ad esempio nella lista finirono sia i pavimenti plastici del Liceo di Bellinzona sia le tende da oscuramento delle Scuole medie di Morbio Inferiore, che analisi recenti hanno dimostrato non contenere amianto. Per il resto, nelle due situazioni reali maggiormente a rischio (l’amianto floccato nella plafonatura del corridoio dell’ex caserma a Bellinzona e in quella del locale tecnico dell’allora Biblioteca cantonale, sempre all’ex Caserma) i tecnici agirono immediatamente isolando i flocculati con dei soffitti ribassati. Dalla metà degli anni ’80 il catalogo è servito poi a gestire la manutenzione degli edifici censiti senza causare danni, prestando la dovuta attenzione alla presenza e allo stato di conservazione degli oggetti in amianto. «Ogni stabile ha il suo tecnico della manutenzione: questa persona sa dove si trovano i materiali a base di amianto e nessuno ha eseguito o esegue dei lavori senza il suo preavviso», spiega ad area Fernando Cattaneo della Sezione logistica per il quale al momento attuale «non esiste alcun motivo di preoccupazione, alcun rischio per la salute di chi frequenta questi stabili». Sotto la pressione dei mass-media cresciuta sulla scia di situazioni venute a galla di recente (asilo di via del Tiglio a Giubiasco, centro di formazione Ssic a Gordola, Liceo di Bellinzona, centro scolastico consortile di Cugnasco-Gerra Verzasca), qualcosa però si muove. Il Laboratorio tecnico sperimentale della Supsi dovrebbe presto vedersi ampliato alla verifica dei manufatti in amianto il mandato conferitole nel 2003 dal Dipartimento educazione, cultura e sport (Decs) per l’analisi dello stato di conservazione di 25 scuole medie, medie-superiori e professionali del Cantone, un ampliamento suggerito invano a suo tempo dalla rete InfoAmianto (vedi intervista sopra). La Sezione della logistica, inoltre, nelle ultime settimane ha verificato la situazione di una parte degli stabili elencati nel catalogo in suo possesso, soprattutto quella delle scuole. I dati non sono ancora stati elaborati, ma sulla base delle analisi preliminari si sta già procedendo allo stralcio definitivo dall’elenco di alcuni stabili risanati o demoliti negli ultimi anni (ad esempio la sede dell’archivio cantonale, in corso di ristrutturazione) e di edifici nei quali non è stata riscontrata presenza di amianto, come il Liceo di Bellinzona. La rete InfoAmianto, dal canto suo, ha segnalato al Consiglio di Stato la necessità di promuovere delle verifiche periodiche più frequenti e sistematiche attraverso una scheda di controllo per ogni singolo stabile e un registro degli edifici pubblici e di interesse collettivo contenenti amianto. Il problema sta proprio qui. Se da un lato infatti qualcosa si muove sul fronte della sorveglianza degli stabili registrati sin qui3, dall’altro si è ancora lontani da un censimento completo o perlomeno il più esaustivo possibile di tutti gli edifici contenenti amianto in Ticino. Preoccupante in particolare è il fatto che gli asili, le scuole elementari così come altre strutture di proprietà comunale e consortile (palestre, piscine, case anziani, ecc.) continuino a sfuggire a un controllo rigoroso da parte degli enti pubblici. Nella formazione annuale dei tecnici comunali sono state integrate informazioni sull’amianto. Non basta. Solo sulla base di un registro esaustivo e aggiornato a livello degli enti locali si potranno individuare, pianificare – valutandone dunque i costi – ed eseguire in maniera corretta gli interventi che eventualmente si imporranno per tutelare la salute di chi quei locali li frequenta. Nel canton Ginevra il passo è stato fatto con la richiesta ufficiale ai comuni di esaminare a fondo tutti gli stabili di loro proprietà costruiti prima del 19914. Quanto tempo ci vorrà affinché anche in Ticino inerzia e volontà di risparmio si facciano da parte lascino spazio ad un approccio adeguato a quella che è in primo luogo una questione di sanità pubblica? Note 1 Oltre ai 212 stabili censiti nella lista della Sezione logistica, lo Stato detiene o affitta diverse centinaia di altri edifici. Non è dato sapere in quanti di queste costruzioni si trovano materiali in amianto. 2 Sottolineature nostre. 3 Anche se finora è stata applicata in modo assai modesto la direttiva 6503 della Commissione federale di coordinamento per la sicurezza sul lavoro (Cfsl) che prevede di contrassegnare con un’etichetta di avvertimento le parti di un edificio contenenti amianto. Gli stabili censiti nella lista della Sezione logistica ne sono sprovvisti. 4 Cfr. “Genève rattrapée par l’amiante”, Le Courrier, 7 febbraio 2005

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18.03.05

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