Cannabis

Quando sembrava archiviata da una sequela di fallimenti in Parlamento e alle urne, la depenalizzazione della cannabis torna alla ribalta nazionale e rischia di diventare realtà già nel 2017 in quattro città svizzere. Il piccolo miracolo sta avvenendo grazie ad un progetto che ha preso le mosse a Ginevra nel 2012.

Dai ragionamenti del “Gruppo di riflessione interpartitico cantonale” presieduto dal sociologo Sandro Cattacin è nata un’iniziativa sperimentale che sta conquistando il paese. Il primo documento “Più sicurezza in città. Le associazioni dei consumatori di cannabis, un modello efficace di regolamentazione” è stato reso pubblico alla fine del 2013. Grande interesse dei media e il coinvolgimento di una quantità di soggetti politici e istituzionali hanno condotto ad un risultato imprevedibile. Qualcuno l’ha definita “tattica da guerriglia”, di sicuro colpisce l’eleganza del procedere, che ha spostato il baricentro dalla discussione dalla contrapposizione ideologica ad un atteggiamento pragmatico. Sandro Cattacin racconta ad area: «Abbiamo approfittato di un cambiamento di clima nei confronti della droga in generale e della cannabis in particolare, un vento che viene dagli Stati Uniti, dalla Spagna e dall’Uruguay e che sta spazzando via tanti pregiudizi. Dal conflitto fra moralisti e fumatori, siamo passati ad una discussione tra esperti sulla salute pubblica e la criminalità indotta, sulle soluzioni a problemi reali e gli introiti per il fisco».
Le riflessioni avviate sul lago Lemano sono diventate di dominio pubblico mentre a Berna avveniva un cambiamento storico: dall’ottobre 2013 in Svizzera il possesso di una quantità fino a 10 grammi di marijuana e derivati è considerato consumo personale e punito con una multa di cento franchi. Il Parlamento ha preso atto dei numeri che la Commissione federale sulle droghe da anni impugna per suggerire che si esca dalla logica proibizionista sulla cannabis. In Svizzera si stima fumi fra il 6,2 e l’8,5 per cento della popolazione: circa mezzo milione di persone. Un consumo ritenuto nella maggioranza dei casi non problematico, perché chi si fa le canne difficilmente delinque, più che aggressivo diventa un po’ rimbambito, e se non ci sono dati solidi su cosa succede se ti metti al volante dopo aver fumato, sappiamo che in genere la sostanza non distrugge esistenze, né impedisce l’inserimento professionale e sociale.
E se sette litri di alcol possono uccidere, per suicidarsi con la cannabis ci vorrebbero mille spinelli, roba da morire disidratati. Mentre alla repressione del traffico di droga, anche leggera, destiniamo milioni: tre quarti dei fermi di polizia sono legati agli stupefacenti e il 90 per cento delle risorse viene investito per reprimere il consumo, non lo spaccio. Il gruppo ginevrino è partito da una proposta ispirata ai Cannabis Club spagnoli, luoghi regolamentati dove con una tessera personale si acquista una quantità prestabilita di sostanza da fumare. Cannabis di qualità controllata, punto cruciale in un’epoca in cui quasi ogni campione di erba testato rivela un tasso di sostanze tossiche, impiegate nella coltivazione o per la conservazione, quello sì pericoloso.
Il percorso del progetto avanza, fra titoli in prima pagina e modifiche in punta di penna con logica inclusiva. Versioni definitive e pubbliche non ce ne sono, racconta Cattacin: «Possiamo dire che due cantoni, Basilea città e Ginevra, e due municipalità, Zurigo e Berna, stanno lavorando insieme per sottoporre all’approvazione dell’Ufficio federale della sanità pubblica diversi moduli di un progetto-pilota».
Il grimaldello è la scienza: la Legge federale sugli stupefacenti prevede all’articolo 8 che “l'Ufficio federale della sanità pubblica può rilasciare autorizzazioni eccezionali per la coltivazione, l'importazione, la fabbricazione e la messa in commercio degli stupefacenti (..) utilizzati per la ricerca scientifica”. E scientifico è il progetto in arrivo nella Confederazione. La città di Berna intende sperimentare la vendita in farmacia a consumatori adulti, mentre Ginevra, Zurigo e Basilea vogliono offrire moduli che puntino a fasce diverse della popolazione. Sei un adulto e ti fai troppe canne? Zurigo e Ginevra vogliono mettere a tua disposizione un programma per diminuire progressivamente la quantità. Basilea, Zurigo e Ginevra riflettono su un modulo per cannabinoidi destinati ad uso terapeutico, sul modello dei “Buyers Club” di San Francisco. Mentre dei cannabis club sulla scia delle esperienze spagnole e portoghesi saranno rivolti alla popolazione considerata “non problematica”: persone adulte che usino la sostanza a scopo ricreativo.  «Ma non saranno dei club», precisa Cattacin, «bensì luoghi dove procurarsi il prodotto. Il consumo dovrà svolgersi nella sfera privata».
Ginevra e Zurigo, infine, lavorano all’elaborazione di un modulo destinato ai minori, popolazione nella quale la cannabis talvolta diventa un problema: «Sappiamo che c’è un potenziale di interferenza degli spinelli con lo sviluppo del corpo, interferenza che si verifica anche con il consumo di alcol, con elevato rischio di coma etilico, e di sigarette, dove incominciare in giovane età espone a una dipendenza prolungata. Quanto ai danni cerebrali, conosciamo il rischio per i giovanissimi di sviluppare psicosi in seguito al consumo di droghe in generale, quindi anche di cannabis. Ma non ci sono studi che dimostrino che la psicosi da cannabis sia irreversibile».
I dati suggeriscono che il consumo problematico di marijuana nella popolazione giovanissima più che con la salute mentale abbia a che fare con l’inserimento sociale: «È il legame tra fumo, ribellione e difficoltà scolastiche», insiste Cattacin, «ed è li che bisogna intervenire, per diminuire i costi sociali di una scolarità interrotta». Ma con il probizionismo attuale, proprio chi avrebbe bisogno di aiuto è irraggiungibile: la sanzione rende invisibile chi consuma e lo allontana dalle risorse di prevenzione e sostegno.
La questione dell’accesso dei minori ad una cannabis regolamentata dallo Stato ha creato più di un “mal di pancia”, ma secondo Cattacin «dobbiamo trovare una risposta anche per i giovani». Una posizione pragmatica che il consigliere federale Alain Berset, a capo del dicastero che sulla salute pubblica decide, ha dichiarato di condividere.
A Ginevra e Zurigo, quindi, un modulo punterà a entrare in contatto con la gioventù che esagera con la cannabis. Il progetto nato in Romandia va avanti a piccoli passi, un ritmo zen di cui colpisce la grazia del procedere. Cattacin ci tiene a sottolineare «la pazienza necessaria a fare entrare in un progetto persone che hanno ideali e ideologie diverse. Ed è lì che penso che il tempo valga molto più del denaro, perché è alla base di una società capace di riflettere. Un tempo che spesso manca in politica». Al timone del gruppo c’è un sociologo e a Cattacin non sembra strano: «Non interpreto il nostro mestiere come un lavoro nella torre d’avorio. Il sociologo deve “sporcarsi le mani”, interagire come facilitatore che interroga e crea premesse per scambi fecondi».
 Il calendario dei prossimi mesi prevede un intenso lavoro politico nei cantoni e nelle città, per arrivare a sottomettere a Berna il progetto entro la fine del 2016. Cruciali saranno le valutazioni di coerenza con la legislazione vigente, la posizione di forze di polizia e commissioni etiche e ogni aspetto pratico del progetto. Sandro Cattacin suggerisce che stia succedendo un po’ quello che alla fine degli anni Novanta finì per regalarci la politica dei quattro pilastri sull’eroina: «Come allora, si è aperto uno spazio perché in tante sedi si discuta della stessa questione. Il sistema svizzero è complesso, prevede molti meccanismi di veto che possono bloccare iniziative del genere. E allora discutiamone in tutte le commissioni, in tutti i gruppi e in ogni angolo del paese. La ridondanza del discorso pone le basi per una legittimazione diffusa e condivisa».

Pubblicato il 

17.03.16
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