Lavoro

Uno ha un lavoro e pensa di aver trovato l’America. Ma l’Eldorado non esiste neppure in Svizzera. Non c’entra che hai lavorato per 30 anni qui e nessuno ti può accusare di aver rubato qualcosa. Ma puoi trovarti veramente nei guai se a un certo punto subisci un infortunio e devi confrontarti con due normative e sistemi giuridici diversi. Hai lavorato, pensavi di essere al riparo, e all’improvviso resti per anni senza un soldo in tasca. L’odissea di Pasquale continua. Un’altra sentenza stabilisce che non ha diritto all’indennità Ai.

“Una vita di lavoro e sei senza un soldo”. Della vicenda di Pasquale Leta avevamo già parlato nel luglio del 2014. Muratore, frontaliere, classe 1953, tre figli, una vita nei cantieri ticinesi. Nel 2010 ha un infortunio mentre è al lavoro e subisce uno schiacciamento del torace. All’ospedale, durante i controlli, si accorgono però che è qualcos’altro a non funzionare: il cuore. Fibrillazione atriale persistente, un disturbo del ritmo cardiaco che è incompatibile con un mestiere duro fisicamente come quello del muratore. Viene riconosciuto in un primo momento invalido, ma poi l’Ai rivede la decisione e la percentuale passa al 29% che non consente di percepire una pensione d’invalidità. L’uomo, che dopo l’infortunio e stato in malattia per sei mesi a causa del problema cardiaco, non ha neppure il diritto al prepensionamento edile fissato a 60 anni: gli mancano sei mesi... Niente disoccupazione, niente Ai, niente pensione, niente di niente. E per mantenersi incomincia a mangiarsi i risparmi, poi intervengono i figli ad aiutarlo, infine ritira il capitale del secondo pilastro.


Ora è arrivata la sentenza del Tribunale amministrativo federale, risalente al 18 dicembre 2015, che respinge il ricorso con il quale Leta chiedeva il riesame del diritto alla pensione d’invalidità. «Riassumendo, l’assicurato è abile al 75% (presenza durante tutto il giorno ma con rendimento ridotto) dal 15 maggio 2011 nell’attività di capo muratore, che comprende per lo più attività dirigenziali e attività da moderate a leggere. Esclusi sono l’utilizzo di macchine pericolose e l’attività di autista. Al 100% egli è abile in attività con sforzo da lieve a moderato da svolgere in luoghi non pericolosi, da eseguire senza l’uso di macchine pericolose e sconsigliata è l’attività di autista professionale. Non può più svolgere attività pesanti. In futuro non è da prevedere un miglioramento della sopraccitata capacità lavorativa» si legge nel documento del tribunale.


Questa è la legge. Dunque, l’edile che, il prossimo 7 febbraio compirà 63 anni e non ha avuto il diritto di accedere al pensionamento a 60 anni perché l’infortunio e la malattia lo hanno gabbato per sei mesi, può fare lavori non pesanti. Nella realtà – con tanta fantasia e anche con tutto l’impegno del mondo – come è immaginabile che un ultrasessantenne non in perfette condizioni di salute possa trovare un impiego? Senza voler essere fatalisti, ci viene da dire che è impossibile e siamo d’accordo con Pasquale quando afferma: «Io ho buona volontà, non mi è mai mancata, ma alla mia età che cosa posso fare?».


L’ex capocantiere si sente beffato: «Ho lavorato 33 anni in Svizzera, poi mi sono ammalato, un bel calcio nel sedere e mi hanno dato il benservito. Ho aspettato 26 mesi per sentirmi dire che posso fare un lavoro adeguato alle mie possibilità e non tengono conto che ho 63 anni. Mi dica che giustizia è per un povero emigrato».
Ecco, senza entrare nel merito della sentenza, si può dire che il sistema delle coperture sociali, che prevede anche l’assistenza, funziona per alcune categorie di lavoratori e per altri no.

Pubblicato il 

04.02.16
Nessun articolo correlato